di Jacopo Scarinci
In fin dei conti i social network sono una follia dove il gioco è tutto tra gente che trova sollievo sparando cazzate, con la divertente pretesa che la propria opinione interessi a qualcuno e conti qualcosa, e l’anima pia di turno che prova a fargli notare che invece proprio di cazzate si tratta.
Facebook ormai è come le pareti dei bagni delle aree di servizio delle autostrade. È diventato un posto dove chiunque sente il dovere morale di dire quello che pensa su qualunque cosa, con un livello di odio da far sembrare degli agnellini gli hooligan inglesi degli Anni Ottanta e, il più delle volte, con un’autocelebrazione da discorso alle Nazioni Unite. Roba da psicologi.
Nei commenti sottoai post di alcuni uomini politici, quando si riesce a decifrare una sintassi che alla prima lettura sembra più una scrittura geroglifica, si trovano insulti a gogo, odio alle stelle diretto a chiunque sia al Governo, vibranti dichiarazioni di essere in dittatura tali che Jan Palach dall’alto guarda e sospira amaramente con pena e sconforto.
Questa tiritera finirebbe se certi politici iniziassero a guardare più spesso il livello dei commenti ai propri post. Perché va bene che per venire eletti ci vogliono i voti, ma sarebbe anche buona norma sapere da che gente arrivano. Dire che si amplia il consenso non è sufficiente quando è un “consenso” che, stando alle leggi, si dovrebbe prendere una denuncia ogni volta che apre bocca.
Io qualche domanda me la farei, ma vabbe’.