di Jacopo Scarinci
Insomma, il mondo non finisce oltre i confini della Confederazione. Questo è il sunto del discorso che Simonetta Sommaruga ha tenuto ieri a Berna davanti agli ambasciatori accreditati in Svizzera. Riuniti a Palazzo federale, i rappresentanti del mondo intero si sono sentiti dire una cosa di per sé banale e scontata, ma visti i tempi che corrono questa banalità è risultata quasi sensazionale.
Per come siamo abituati qui in Ticino, sentirsi dire che la Svizzera non è un’isola ma una casa di un grande villaggio globale con il quale vuole avere rapporti costruttivi e di collaborazione stupisce. E, se ci pensiamo bene, in altri contesti sarebbe una roba da pensierino delle Elementari. Invece no, non lo è proprio per niente. Perché ribadire con fermezza che “il benessere e la sicurezza sociale” di cui gode la Svizzera non devono essere motivo di “autocompiacimento” ma un “impegno” anche “nei confronti del mondo” è sintomo di maturità, di conoscenza delle dinamiche internazionali, di nessuna vocazione isolazionista.
Quando la banalità sorprende, però, significa che c’è qualcosa che non va. Quando un discorso come quello tenuto ieri dalla presidente della Confederazione ti fa dire “Oh ben, è proprio così!”, e non è stato detto nulla di diverso dal più classico dei “L’acqua bagna”, vuol dire che, volenti o nolenti, viviamo in una realtà politica scollata dai normali canoni.
La speranza è che tra qualche anno, quando la marea populista sarà passata, la buona politica rappresentata dal discorso di Sommaruga diventi normalità. E che ci si possa tornare a stupire di qualche ronda a Pedrinate, non di un discorso da statista.