di Santerre
Djourou, Rodriguez, Behrami, Inler, Xhaka, Shaqiri, Seferovic, Drmic, allenati da Vlado Petkovic, di Sarajevo. Questi calciatori, questi uomini con le storie che hanno accompagnato i loro genitori o loro stessi in Svizzera, hanno calcato venerdì sera il prato dello stadio di Lucerna, per l’ennesima volta, con addosso la maglia rossocrociata. Tanti altri hanno assistito e sostenuto i propri compagni dalla panchina.
Queste sono le risposte da dare ai signori dell’UDC, ai loro elettori, ai razzisti. Risposte signorili, umili come le origini di moltissimi di questi campioni che ora ascoltano il Salmo concentrati e pronti a dare tutto per la maglia della Nazionale svizzera. Risposte come quella di Valon Behrami, ad esempio, che finanzia una scuola di calcio nel Mendrisiotto.
In una recente intervista a “La Gazzetta dello Sport” Xherdan Shaqiri si è detto onorato di vestire la maglia della Svizzera. Qualche tempo prima disse la stessa cosa Granit Xhaka, che pure ha un fratello, Taulant, che gioca per la Nazionale albanese. Scelte che meritano rispetto e gratitudine, non ululati e berci razzisti.
Il commissario tecnico italiano Antonio Conte, pochi giorni fa, è stato contestato per aver convocato due oriundi. Uno dei due, Eder, di origini brasiliane, ha dichiarato che in Italia ci sono ancora troppi preconcetti. Stia tranquillo: esiste un Paese con quattro lingue nazionali e tre regioni socioculturali che non è da meno.