di Jacopo Scarinci
Come dimostrano alcuni commenti presenti sotto gli articoli pubblicati dal GAS, la figura del troll è sempre più penosamente dilagante. Facciamone una breve fenomenologia…
- Il troll difficilmente ha superato l’insormontabile scoglio della Scuola media. Si esprime in un italiano stentato, non conosce assolutamente i tempi verbali e si abbandona spesso ad autentiche maree di “k”, “x”, “$” e simili, influenzato da chissà quale giornale.
- Il troll è disinformato per natura. Nei suoi commenti non c’è niente di costruttivo e nemmeno la volontà di portare un contributo: c’è l’attacco violento col tentativo, che fallisce miseramente ogni volta, di essere ironico. L’ironia non si compra al Denner. Magari puoi lavorarci, accompagnando però il lavoro alla lettura di qualche giornale che eviterebbe altre figuracce. Perché sì, le trollate nel 99% dei casi si concludono con figuracce epiche.
- Il troll non ha una vita. Io, ad esempio, non avrei proprio il tempo materiale di crearmi anche due o tre profili falsi. Come si riconoscono? Beh, semplice: il troll è un dilettante. I nomi sono simili, le immagini messe per rendere credibile il profilo falso pure. E il troll è è di solito tanto sprovveduto da non impostare bene la privacy. Insomma, si mostra nudo per quello che è: uno con del tempo da perdere.
- Il troll è un frustrato. Se la prende con i frontalieri perché non ha un lavoro o è infelice del proprio, con gli stranieri perché vive in un monolocale sperduto. Chi si esprime seguendo la formula soggetto-verbo-complemento viene tacciato di “intellettuale” dal troll: che insulto! Però il troll difende a spada tratta Christoph Blocher, multimiliardario con mega villa sul lago di Zurigo. Il troll è, sempre, un po’ confuso.