di Jacopo Scarinci
Con i Leghisti non ci si annoia mai: siano ticinesi o italiani, cambia niente. Al massimo viene da chiedersi se ci siano o ci facciano, ma tant’è, un po’ di mistero non guasta mai e rende più avvincente il tutto.
L’eroico discorso di Bobo Bignasca sul pratone di Pontida con tanto di selfie con Matteo Salvini nei giorni in cui Norman Gobbi e Roberto Maroni, se avessero potuto, si sarebbero pestati a vicenda ha avuto un che di grottesco, di indefinito, di “boh”. E ha fatto tornare in mente i giorni dopo la votazione del 9 febbraio, quando i Leghisti italiani per la prima volta si son sentiti trattati da terroni da qualcuno più a Nord di loro. Amare, ma furono risate anche lì.
Il cortocircuito tra leghismi è stupendo, perché sembra di assistere a una lotta tra “titani” che, abituati a risolvere tutto con l’urlo e due o tre sparate, trovano gente esattamente come loro che fa uguale. Specchio riflesso, quindi. E un casino che la metà basterebbe, come sulla storia del casellario giudiziario per frontalieri inventato da Gobbi e rimpallato sia da Berna sia dall’Italia: qui il “È sempre colpa degli altri” pare non funzionare, perché è la stessa (e unica) motivazione usata anche dai Leghisti italiani. E quindi come si decreterà il vincitore?
Gara a chi ce l’ha più duro, come nella miglior tradizione culturale leghista? Si fa a chi mangia più costine, a chi gira meglio la polenta, a chi insulta di più gli stranieri? Vedremo.