di Santerre
Nulla unisce i popoli più del calcio. Se io andassi in qualsiasi Paese del mondo senza conoscere né lingua né costumi locali e dicessi “Leo Messi” o “Cristiano Ronaldo” avrei moltissime probabilità di stabilire un contatto. Ed è ovvio che il calcio susciti passioni ed emozioni, anche se bisognerebbe ricordare che il tifo è e deve rimanere un fatto civile, non una valvola di sfogo.
Quando l’FC Lugano ha scelto Zdenek Zeman come allenatore, chiunque abbia masticato un po’ di pallone in vita sua era cosciente del fatto che ci sarebbe voluto del tempo per vedere dei risultati. Il tecnico boemo ha sempre puntato sui giovani e su un gioco offensivo del tutto particolare, sconosciuto al campionato svizzero. Il mercato fatto con un budget ridotto ha portato un’infornata di giovanissimi che ovviamente hanno bisogno di adattarsi e che di fronte al Grasshopper di Pier Tami si son presi un’imbarcata inenarrabile: 6-1 e triplice fischio. Su Facebook, noto ritrovo di filosofi e scienziati, si è scatenato il putiferio: insulti a Zeman e al portiere Russo, critiche a Renzetti, rabbia e sfoghi in quantità industriali. Tre giorni dopo a Berna contro lo Young Boys era tutto apparecchiato per un’altra legnata, vista la sproporzione di forza economica e di talento tra le squadre. E invece no: il gol iniziale di Rossini è stato sufficiente per sbancare lo Stade de Suisse e giù con lodi sperticate a Zeman, allo spirito dei giocatori, a un Lugano (per una sera) quinto in Super League.
Prima di scaldarci tanto per una sconfitta facciamo un giretto su Transfermarkt. Per dirne qualcuno a caso: il valore della rosa del Basilea viene stimato in 52,85 milioni di euro, quello dello Young Boys in 37,7 milioni, quello del Grasshopper in 15,9 milioni, quello del Thun in 11,2 milioni. Quello del Lugano, fanalino di coda, in 6,6 milioni. Se non ci sono tanti soldi, almeno che ci sia tanta sana passione e tanta fiducia in questa allegra banda di ragazzotti.