di Marco Cagnotti
“12 morti nel naufragio di un barcone di migranti”: che effetto ti fa? Ammettilo: poco. Ne muoiono tanti, ogni settimana. “12” ormai è solo un numero in una statistica. Clicchi su un altro link e abbandoni quella pagina e quel pensiero. L’indomani tutto è dimenticato.
Diverso è il caso della foto di Aylan, riverso a faccia in giù sulla spiaggia. Non devi leggerla. Non devi dedicarle qualche secondo di concentrazione mentre gli occhi si spostano fra le righe. Quella foto è lì, invece, squadernata davanti ai tuoi occhi. La guardi e capisci tutto, col cervello e con la pancia.
Un’immagine racconta più di mille parole. Non richiede tempo né concentrazione né fantasia. Si fa comprendere anche da un analfabeta. Per questo la foto di Aylan doveva essere pubblicata. Per non essere dimenticata.
Rimarrà nella Storia, come la bambina vietnamita nuda in fuga dal suo villaggio, lo studente di Tienanmen davanti ai carri armati, il miliziano spagnolo morente? Non possiamo saperlo ora.
Ma un fatto è certo: la foto di Aylan ha colpito. Se non l’avessimo vista coi nostri occhi, se avessimo soltanto letto la notizia “Bambini rinvenuti morti su una spiaggia”, che cosa sarebbe rimasto dei morti di Budrum nella memoria collettiva? Poco o nulla. Indignazione lì per lì, ma dopo un mese un blando ricordo.
Invece quella foto rimarrà e ci sconvolgerà ogni volta, quando la rivedremo o anche solo ci ripenseremo.