di Giuseppe Z.
Ticino, 2015. Su tutte le strade, su poster giganteschi campeggiano i faccioni dei candidati alle nazionali. Tutti sorridenti, perché ci deve rimanere in testa il loro volto felice. E pagano fior di soldi per questo!
Ticino, 2015. È on line un foglio con nomi, cognomi e foto di chi ha votato in Parlamento per vendere più facilmente armi a Stati che non rispettano i diritti umani. Le armi sono uno strumento di morte, non servono ad altro che a uccidere. Abbiamo non solo il diritto, ma pure il dovere etico di dire ad alta voce che non ci va bene. E usiamo i loro strumenti: il loro faccione, spiattellato là, come in campagna elettorale. Però in questo caso loro si incazzano, si indignano, dicono che a questo gioco non giocano. Sempre pronti a farsi vedere, farsi elogiare, farsi adulare, ma quando si dice una cosa vera, pubblica, ufficiale, loro si incazzano.
La presa di posizione di Regazzi contro questo foglio è allucinante: parla di proscrizione, lo associa ai metodi de “il Mattino della domenica”. Ma quello che ha fatto la Lega è disumanità à la carte: hanno pubblicato un ordine pubblico di licenziare della gente nell’amministrazione cantonale, gente che nessuno conosce, che ha un contratto e non è stata eletta, tutto senza contraddittorio e senza contestualizzazione. Regazzi invece è un rappresentante del popolo: siamo in una democrazia, lui prende decisioni importantissime al nostro posto, per noi, è eletto per farlo.
Il popolo ha il diritto di controllare e far sapere a tutti che cosa i politici hanno votato in Parlamento. Ha il diritto di usare gli stessi strumenti che sono usati dai politici per farsi eleggere in campagna elettorale, per salire sul pulpito, per andare in televisione: metter fuori la faccia.
Troppo comodo pensare che la politica serva solo ad abbindolare i polli. Per fortuna la democrazia ci permette ancora di dire che le persone che votano a favore delle armi hanno un nome, un cognome e un volto. Persone elette.
E che magari varrebbe la pena non eleggere più.