di Jacopo Scarinci
“Solo l’ignoranza ci dona la vera libertà”, afferma Micheal Smithson, professore australiano coordinatore di uno studio che ci dice, riassumendo la pariglia, che meno sai meglio stai.
Per carità, lo studio parla di noi e delle nostre vite: meno sai ciò che succederà nella tua vita, dicono, più si sviluppano la creatività, l’inventiva, la curiosità. Ma da profani allarghiamo il concetto: in un mondo dove siamo sempre più bombardati di informazioni, chi studia i programmi politici, chi osserva i dati delle varie organizzazioni e cancellerie, chi si occupa di politica vive bene? Bella domanda.
In effetti la vita dell’ignorante è di una facilità clamorosa. Ne abbiamo esempi a raffica nei commenti su Facebook o Twitter: slogan, insulti, espressioni tipiche di chi le scuole le ha viste solo da fuori. Conoscenza della materia trattata? Pari a zero. Fonte di informazioni? Il “20 minuti” e, se proprio, “il Mattino” la domenica al bar. Leggono articoli e dati? Studiano situazioni e fenomeni? Macché. Va bene quel che dice Quadri, va bene il titolo, basta quello, sia mai che a leggere e studiare vengano malattie croniche.
L’ignorante parla di stranieri senza sapere un fico secco di cosa succede in Eritrea o in Siria, parla di migrazioni senza conoscere nemmeno il numero di richiedenti l’asilo, parla di politica come se parlasse delle linee d’attacco scelte da Fischer. L’ignorante prende tutto alla leggera, vive sereno, spara a zero su chi vuole senza nemmeno fregarsene se ha ragione o meno, se dileggia o no, se fa una figura misera o no.
Beato chi non capisce niente, direbbero questi studiosi australiani. Io, difatti, ho una vita di merda.