di Ipazia
Cosa pensare dello studio dell’IRE (Università di Lugano) sul mercato del lavoro in Ticino?
In un mondo normale ci si dovrebbe dapprima degnare di leggere le 100 pagine del rapporto, assicurarsi di averle capite e poi dare sfogo a ogni tipo di considerazione. I più rigorosi potrebbero addirittura immaginare di elaborare uno studio alternativo che, su basi scientifiche, smonti pezzo per pezzo il lavoro degli accademici nostrani.
Invece nel Ticino del leghismo diffuso bastano tre-righe-tre sui social media in cui si riassume grossolanamente la conclusione della ricerca e già dopo un paio d’ore i primi deputati scattano inferociti con atti parlamentari, un partito chiede di smantellare l’istituto di ricerca, tutti commentano, sputano sentenze, insultano e deridono.
Così succede di fronte a ogni atto o idea che non corrisponda al pensiero dominante predefinito da alcuni soggetti elettoralmente con il vento in poppa.
Un giudice emette una sentenza? Senza nemmeno conoscerne le motivazioni, il capopopolo di turno chiede le dimissioni del magistrato.
Un funzionario statale prende una decisione sgradita? La domenica successiva leggerà il suo nome su una lista di proscrizione e dovrà pensare a cercarsi un nuovo lavoro.
Un giornalista RSI pone una domanda scomoda? Bisogna far fuori lui e umiliare tutto il carrozzone di Comano.
Qualcuno saprà riflettere e reagire pubblicamente, prima di ritrovarci un po’ tutti ad assaporare l’antico gusto dell’olio di ricino?