di Jacopo Scarinci
Sgombriamo il campo: Levrat ha ragione da vendere quando elenca i motivi per cui secondo lui si può andare avanti benissimo con Widmer-Schlumpf e per cui, a fronte di meno del 50% nel Paese, il blocco UDC-PLR non può avere la maggioranza in Consiglio federale, considerando pure che agli Stati l’ultra-Destra ha tutto tranne che trionfato. Però c’è un però, di cui il presidente del PSS dovrebbe tenere conto.
Come siamo arrivati ad avere i democentristi al loro massimo storico? È una storia banale e semplice che ha inizio nel 2007, quando, con un capolavoro di mestiere e strategia, l’ingombrante Blocher venne defenestrato dal Consiglio federale. Da lì in avanti, l’UDC si è ancora più incattivita, iniziando a rendere il Consiglio nazionale un Vietnam, diventando a tutti gli effetti un partito di lotta e di governo e bombardando il Paese di iniziative popolari che hanno avuto il risultato di depotenziare quelli che avevano brigato per far fuori il loro capo, cioè tutti gli altri partiti: strategia perfettamente riuscita, grazie alle vittorie del 9 febbraio 2014 e alle Federali di pochi giorni fa.
L’UDC è arrivata a questi livelli perché ha potuto giocare la (falsa) carta del reietto, della vittima dei partiti brutti e cattivi che sovvertono la volontà popolare. E anche perché, dal PLR fino al PSS, chiunque ha provato a farle terra bruciata, con i magrissimi risultati sotto gli occhi di tutti. E quindi che fare? Semplice: avanti con il raddoppio. Facciamoli governare seriamente, mettiamoli alla prova. Anzi, di più: si investa della responsabilità Heinz Brand, il consigliere nazionale grigionese regista del crollo del PBD in casa di Widmer-Schlumpf e dell’elezione di Magdalena Martullo-Blocher.
Solo così, cher Monsieur Levrat, si possono sgonfiare i democentristi: non più sbarrandogli la strada, ma spalancandogliela. Poi tra quattro anni, quando il Paese sarà ancora più isolato, i pensionati vedranno nero anziché grigio, le centrali nucleari saranno ancora più a rischio e lo Stato sociale non esisterà più, ne riparleremo.
D’altronde ce la siamo voluta, no?