Venerdì 13 novembre 2015 sembrava una giornata come tante: lavoro, palestra, cena, ma poi il rientro a casa e lo shock quando ho acceso la tv. Attentati a Parigi, orrore, morte, violenza e tutto il resto che è accaduto lo conosciamo molto bene.
In quel momento inizia la mia riflessione su come dovremmo comportarci. Sicuramente non con la violenza, ma purtroppo questo non è accaduto: tutti, compreso il presidente francese, hanno commentato: “Pagheranno per quello che hanno fatto.”
Ma se rispondiamo con la violenza generiamo violenza. Io da anni oramai sono un’insegnante di yoga. Cosa significa praticare yoga? Lo yoga è l’unione del corpo con la mente, e della mente con l’anima. Lo yoga può essere visto come se avesse tre strati: uno esterno, uno interno e uno ancora più interno, cioè uno fisico, uno mentale e uno spirituale, così come ci descrive Patanjali: “Lo yoga si divide in otto rami e questi 8 otto rami si possono dividere anch’essi in tre gruppi.”
Yama e Niyama, discipline etiche, sociali e individuali
Asana, pranayama e pratyahara, che portano all’evoluzione dell’individuo e alla comprensione del sé.
Dharana, dhyana e samadhi, sono il risultato dei due primi gruppi, facendoci provare l’esperienza della visone dell’anima, ma in quanto tali non sono compresi nella pratica.
Ed è proprio sul primo gruppo che la mia riflessione si fa più grande ed intesa, yama e niyama consistono in quello che si può fare e ciò che si deve evitare per non danneggiare se stessi gli altri e la società.
Niyama ci dice cosa si deve fare per il bene dell’individuo e della società e Yama ci dice cosa si deve evitare per non far danni a qualcuno. Queste sono discipline etiche e sociali che dovrebbero esistere ovunque, ma purtroppo non è così.
Yama ha 5 precetti tutti importanti ma il primo è quello fondamentale: Ahimsa, la non violenza. L’astensione totale dalla violenza del pensiero, della parola e delle azioni. Il più grande maestro in questo è stato il Mahatma Gandhi, che ha risposto ad una guerra con il sorriso, la pace.
Ed è proprio questo che tutti dobbiamo fare oggi, rispondere con gioia, sorrisi e pace. So che è difficile, ma la violenza genera violenza e l’abbiamo visto e sperimentato. Come reagiranno gli attentatori se noi rispondiamo con un sorriso, invece che con la paura? Ve lo siete chiesti?
Come reagiranno se amiamo e aiutiamo, se siamo in pace con quelli di religione musulmana, e capiamo una buona volta che loro non sono tutti terroristi? La cellula impazzita rimarrà spiazzata, non saprà come reagire.
Prendiamo esempio da quello che tanti sapienti scrivevano e hanno sperimentato anni fa. Trasformiamo la rabbia in gioia e la violenza in pace.