di Jacopo Scarinci
“In Through The Out Door” dei Led Zeppelin è un disco capace di mandarti dall’analista perché capirci qualcosa è complicato.
Prendete una delle (la?) rock band più importanti della storia e buttatela in un calderone dove Bonzo butta giù alcol a bidoni, dove Jimmy Page nelle vene ha più eroina che sangue, dove a Robert Plant è morto il figlioletto da poco e dove John Paul Jones ha scoperto definitivamente il magico mondo dei sintetizzatori. Che può venir fuori se non un casino pazzesco?
Quindi in fondo è normale che in questo disco trovino spazio schifezze orrendamente spagnoleggianti come “Fool In The Rain” o a metà strada tra il country e l’”Oh Susanna non piangere perché” come “Hot Dog”. Anche se gli anni da poco passati erano quelli di “Stairway To Heaven” o, facendo meno gli schizzinosi, di “Achilles Last Stand”. Ma è appunto perché quegli anni erano ancora vicini – e nonostante dei quattro zeppelin fossero rimasti un alcolista, un drogato, un candidato al suicidio e un taciturno – che questo disco è comunque una perla. Perché nelle difficoltà son riusciti comunque – chi più, chi meno – a entrare in sala d’incisione e tirar fuori un album che sì, è un casino pazzesco, ma che ha un suo senso e una sua bellezza: la muscolarissima “In The Evening” con cui si apre il disco ne è la prova, mentre la devastante “All My Love”, dedica in versi di Plant al figlio morto, ci racconta dell’impresa che fecero gli zeppelin a entrare in studio e continuare nonostante tutto. L’impresa che fecero nel dire alla sfiga, all’alcol, alla droga e al punk che no, loro erano ancora lì. Non a fare un’altra “Immigrant Song”, va beh, ma a dare ancora lezioni a tantissimi. Come quando Jones fece partire all’impazzata il suo sintetizzatore nuovo di pacca e ne uscì “Carouselambra”, un autentico e imperiale delirio di tastiere ed elettronica lungo più di 10 minuti, nel quale la chitarra di Jimmy Page è un po’ come il terzo incomodo a un appuntamento.
Come andò a finire la storia lo sappiamo, Bonzo viene trovato morto il 25 settembre 1980 e i Led Zeppelin si sciolgono, dando vita a dozzinali e autocelebrativi progetti solisti. “In Through The Out Door”, loro ultimo e sicuramente peggior disco, però è lì, come una piccola vedetta, a ricordare sempre che incredibile band siano stati. La droga non la vedi quando ti porta alle visioni del testo di “Stairway To Heaven”, ma quando ti schiaccia e non ti fa andare nemmeno in studio. L’alcol non lo vedi quando ti fai una groupie diversa ogni sera, ma quando non riesci a tenere le bacchette in mano. Nonostante questo, e nonostante la stampa che tutta eccitata da roba tipo i Sex Pistols li abbandonò, i Led Zeppelin con questo disco dissero “Abbiamo ancora qualcosa di importante da fare”.
E diavolaccio, sì che l’hanno fatto.