di Carol Bernasconi
Se vi capitasse di andare in India, più precisamente a Kochi, per vacanza o altro, vi consiglio un ristorante. Si chiama “Pappadavada” e lo gestisce una giovane ragazza che si chiama Minu Pauline.
Da quando è proprietaria di questo ristorante, Minu si rende conto con sgomento di quanto cibo si sprechi, di quanti avanzi vengano buttati ogni sera alla chiusura. E dopo averci pensato per un po’, ha un’idea. Decide di mettere davanti al suo ristorante un frigorifero aperto 24 ore su 24 e, soprattutto, accessibile a tutti. I clienti che non finiscono il loro pasto, se lo desiderano, possono metterci gli avanzi e chi ne ha bisogno può venire a servirsi. Sappiamo benissimo tutti quanta povertà ci sia in questo Paese e tutti giorni il frigorifero si svuota in un attimo, nonostante Minu lo riempia con un’ottantina di avanzi non consumati dai clienti. “I soldi sono tuoi, ma le risorse appartengono alla società. È questo il messaggio che voglio inviare”, ha detto Minu. Un’idea geniale, semplice e generosa in uno dei paesi dove la povertà dilaga maggiormente, ma anche dove il divario tra povero e ricco è enorme. Un’idea che dovrebbe essere presa come esempio in ogni parte del mondo. Lo spreco di cibo è un’offesa verso chi cibo non ne ha, verso chi, quando arriva alla cassa dopo aver fatto la spesa, ha contato anche l’ultimo centesimo. Va molto di moda fotografare ogni cosa che cuciniamo e ogni cosa che ordiniamo al ristorante. Spesso il primo pensiero quando ci troviamo davanti la nostra portata non è “chissà che buono”, ma “ora lo posto”. A me sta anche bene, amo cucinare, amo mangiare, amo condividere ogni tanto con le persone e dalle foto sui social trovo qualche buona ispirazione. Il punto, però, è che non si pensa quasi mai allo spreco. Dovremmo fotografare il piatto alla fine del pasto, non all’inizio. Farlo ad ogni colazione, pranzo, merenda, aperitivo, cena e spuntino di mezzanotte. E poi avere il coraggio di condividere anche questo sui social. Dovremmo tenere come ricordo queste fotografie e guardarle di tanto in tanto. E allora magicamente spunterebbero molti più frigoriferi davanti ai ristoranti, al supermercato la nostra spesa verrebbe fatta con una nuova consapevolezza e sensibilità, il nostro pensiero andrebbe più spesso verso chi tutto questo cibo non ce l’ha.
Non c’è bisogno di andare fino in India per imparare ad essere più generosi o per avere a cuore le risorse di questa Madre Terra. Che è di tutti in teoria, ma non in pratica.