“Michelle Obama è una scimmia coi tacchi”, così si è espressa la sindaca di un buco in West Virginia vivaddio costretta alle dimissioni. Ma la lista è lunga. Anaheim, California: dei ragazzi bianchi hanno insultato una famiglia di colore urlando “Questo ora è il paese di Trump!”; Università del Texas: sono girati volantini che, “Ora che Trump è stato eletto”, inneggiano a squadracce di vigilantes interni da scatenare contro chi parla di diversità; Università di San Josè, California: una ragazza con lo hijab è stata quasi strozzata; Maple Grove, Minnesota: in una scuola sono apparse scritte inneggianti a Trump col corredo di “Whites only”; nel Connecticut una ragazzetta di colore si è sentita dire da un compagno “Ora che Trump è presidente, sparerò a te e a tutti i neri che trovo”.
Queste carinerie e molte altre, duecento in totale solo quelle certificate da una denuncia, sono state raccolte dal Southern Poverty Law Center americano e diffuse dal Fatto Quotidiano di ieri. Dopo giorni in cui chiunque ha blaterato di élites da abbattere, dell’eredità di Obama, di trattati internazionali e altre cose del genere ci troviamo di fronte al concreto: è saltato il tombino e le fogne stanno esondando, dimostrando in fin dei conti quale sia l’elettorato di Trump. E suscita sempre più il riso chi difende queste menti deboli e cialtrone parlando di disagio, protesta, globalizzazione e argomentoni da dottorato.
Il president elect si è fiondato alla CBS per dire a questi simpaticoni di fermarsi, di piantarla, che nonono, non va bene così, such a shame. Pensa te: mesi e mesi a insultare il mondo intero e ci si meraviglia che chi l’ha votato continui. Poco serve spacciarsi per istituzionali come Trump sta provando – fatica di Sisifo – a fare in questi giorni, l’humus è quello. E poco serve anche discorrere delle risposte al globalismo di Obama, alla crisi, ai “forgotten men”: questa è una valanga di volgarità e imbecillità.
Dire che sono ignoranti e razzisti non è squalificarli, né insultarli, né essere élitari: è descriverli.