Bello l’editoriale di Fabio Pontiggia di oggi sull’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca: argomentato, serio. Sì, anche un po’ gigione nel suo cerchiobottismo, ma quella è la storia del Corriere, che può farci il direttore. Bello, si diceva, non perché per una volta possiamo concordare con lui e la cosa già di per sé è catalogabile come evento, ma per il tono e proprio per quanto scritto.
Pur chiarendo che la gazzarra post elettorale mossa contro Trump non è stata particolarmente edificante, il pensiero del direttore del Corriere è questo: “A noi il presidente col ciuffo non piace: per i metodi (da maleducato della politica), per il programma (keynesismo superficiale, protezionismo deleterio, attrazione fatale verso i muri), per la presunzione (di rappresentare il popolo contro le vituperate élite o il cosiddetto establishment, dimentico del fatto che la maggioranza del popolo ha comunque votato Hillary Clinton e soprattutto che il popolo come entità omogenea, con interessi convergenti e persino identici, è una pura mistificazione, questa sì, populistica).” È grossomodo quanto sostiene il GAS da mesi, ma, e qui si resta un attimo interdetti, è l’esatto contrario di quanto sostenuto a cadenza stancamente, noiosamente regolare da Marcello Foa.
Noi siamo a favore di ogni possibile scambio di idee. Anzi, di più: siamo contro la fossilizzazione delle idee. Siamo per il dibattito, per la discussione, per le opinioni. Anche al nostro interno i membri della redazione e le firme principali su alcuni temi dissentono: ne discutono pacatamente, si confrontano e ne escono sempre migliorati. Perché è questa la funzione del dibattito: migliorarsi, aprirsi, conoscere. Però, adesso, stiamo parlando del Corriere del Ticino, che fa parte di un impero mediatico con tutti i crismi se rapportato a un cantone di 350 mila abitanti. E stiamo parlando di un giornale che, riguardo all’evento principale del 2016 e all’uomo che nei prossimi anni indirizzerà politica ed economia nel mondo intero, vede il direttore responsabile e l’amministratore delegato vederla diametralmente all’opposto. Il “programma” celebrato a più riprese da Foa, viene legnato da Pontiggia; la ormai mitologica “lotta all’establishment” che tanto piace all’amministratore delegato, viene smontata a pezzi dal direttore, anche perché lo stesso Trump ha riempito governo e squadra di élite; il riempirsi la bocca della pancia del Paese in rivolta contro Obama e i democratici costante di Foa, viene derubricato a sport minore da Pontiggia il quale, bontà sua, ricorda per la prima volta ai lettori del CdT che, sai com’è, il voto popolare (e con 3 milioni di crocette in più) l’ha vinto Hillary Clinton.
La speranza per Fabio Pontiggia è che Foa sia in vacanza alle Antille senza tablet né wi-fi. Perché noi siamo aperti al dialogo, il suo amministratore delegato (pare, eh) un po’ meno.