La botta che si è presa la destra con la sconfitta sulla Riforma delle Imprese III è tutta in quanto detto ieri a Le Matin Dimanche da Jean-François Rime, democentrista e presidente dell’Unione Svizzera Arti e Mestieri.
“Abbiamo perso perché il nostro progetto era sbagliato”. E ancora, “l’USAM ed economiesuisse hanno provato a fare tutto quello che potevano. Ma quando un progetto è sbagliato, è complicato fare una buona campagna”. Quindi, parrebbe di capire, ci hanno scientemente riempito di frottole per settimane e settimane. E la Svizzera finita in caso di vittoria dei No, e i ricatti di Maurer, e Widmer-Schlumpf che deve starsene zitta, e questo e quell’altro… per cosa? Per poi ammettere, candidi, una settimana dopo, che sì, era proprio una riforma invotabile.
Pratica diffusa nell’UDC, questa. Le loro continue retromarce sul 9 febbraio, al netto delle prove muscolari a favor di telecamere e aficionados, sono lì a dimostrarlo. Per ammissione di Pierre Rusconi, addirittura, l’UDC era cosciente sin dal principio che fosse inapplicabile.
Sono tempi duri per la democrazia. Ci sono Trump, le fake news, i populismi, uno scollamento sociale mai visto prima. Nella nostra Svizzera, tempio della democrazia diretta, il minimo richiesto è che chi presenta al popolo iniziative così importanti sia il primo a essere convinto della loro riuscita e della loro bontà.
Con la democrazia non si scherza. L’UDC deve capirlo quanto prima.