Per la maggior parte di noi, la vecchiaia arriva a nostra insaputa. E la allontaniamo, la rimuoviamo ricorrendo a mille camuffamenti estetici e mentali. Qualcuno tenta di frenare il corso del tempo stirandosi le rughe, altri come Anna Magnani ci scherzano sopra… “non copritemele, ci ho messo una vita a farmele venire”.
L’arrivo del tempo della vecchiaia ci offre l’ultima preziosa occasione per “tirar fuori” la nostra autenticità. Nel corso della vita abbiamo incontrato tante maschere e pochi volti. E noi? Giunti all’ultima soglia abbiamo finalmente il coraggio di sollevare la nostra maschera e di scoprire le verità presenti nel volto che ci guarda dallo specchio?
L’autenticità è forse la conquista più importante dell’esistenza: è il risultato della nostra capacità di fare scelte e di spendersi per realizzarle con coraggio. Significa essere se stessi fino in fondo, significa essere fedeli in quel mondo intimo e rigorosamente individuale che si sottrae a ogni valutazione da parte di altri.
L’immagine della settimana che vi propongo è la giustamente celebre radiografia del cranio, autoritratto di Meret Oppenheim, esposto all’intrigante mostra biografica in corso al LAC di Lugano . E’ un modo nel contempo coraggioso, poetico e scanzonato di guardare alla propria età. E’ come se Meret Oppenheim gridasse, in un duetto surreale con Marcello Marchesi :“L’importante è che la morte ci colga vivi.”
Meret sta dicendo: non aver paura che la vita possa finire. Abbi invece paura che possa non cominciare mai e che la tua esistenza rimanga vuota di passione, di impegno e di umanità evitando ogni rischio e narcotizzando cuore e cervello. Vivere è la cosa più rara al mondo: la maggior parte della gente esiste, nulla più.
Non inquadrabile e avversa a ogni concezione stilistica, Meret Oppenheim, afferrava la vita per la coda; in preda a tre ottimi elisir di giovinezza dagli effetti miracolosi anche per le nostre vecchiaie: la curiosità, lo stupore e il gusto della conoscenza.
(diffuso in Moby Dick, Rete 2, sabato 18.2.2017)