Nel calcio, come nella vita, la riconoscenza non esiste. L’ha dimostrato il modo in cui ieri il Leicester, squadra inglese che l’anno scorso ha vinto il campionato tra lo stupore generale, ha riservato al suo allenatore, Claudio Ranieri, licenziandolo.
Questa è una vicenda dove hanno perso tutti, tranne Ranieri stesso. Ha perso la società, che ha dimostrato per l’ennesima volta come non ci sia più spazio per l’etica, per la morale. Hanno perso i giocatori che, stando ai tabloid inglesi molto informati, avrebbero chiesto la sua testa. Hanno perso gli amanti del calcio, che ancora una volta hanno visto come il tempo della poesia sia finito. Ranieri è l’uomo che ha portato il Leicester al primo (e, verosimilmente, ultimo) trofeo della storia, che ha reso una banda di giocatori mediocri un gruppo talmente affiatato da vincere il campionato più difficile del mondo. Tutti a parlare di favole, tutti a parlare di romanticismo per poi finire così, col naso in mezzo alla faccia a leggere di un esonero assurdo. Era chiaro che una squadra come il Leicester non avrebbe potuto ripetersi, difatti quest’anno è invischiata nella lotta per non retrocedere. E quindi, come un Palermo qualunque, come un Lugano qualunque via l’allenatore.
Per Ranieri parlano la storia che ha scritto l’anno scorso, gli attestati di Mourinho, Mancini, Lineker e tutti gli allenatori e commentatori che si sono schierati al suo fianco.
Per noi, nostalgici di un calcio che non esiste più, resta la tristezza di aver vissuto l’ennesima, grande vergogna.