Le parole sono importanti. O almeno, dovrebbero. Piero Marchesi, oggi, ha dimostrato o di non conoscerne il significato o, più semplicemente, di darsi un’aria di superiorità francamente comica dato il soggetto. Ma andiamo con ordine.
A sorpresa, ma conoscendolo neanche poi tanto, Fiorenzo Dadò la scorsa settimana si è schierato a favore del referendum di Nenad Stojanovic contro l’applicazione del 9 febbraio decisa dal Parlamento. Invece di applaudirlo come decenza e coerenza avrebbero voluto, Lega e UDC si sono smarcate nettamente perché a sbraitare sono sempre bravissimi, a proporre iniziative inapplicabili sono senza pari, ma coi fatti concreti continuano ad avere parecchi problemi. Oggi sul Corriere e su laRegione sono apparsi dei virgolettati di Piero Marchesi da mani nei capelli. Il Corriere riporta che per Marchesi il PPD “deve dare prova di ravvedimento”, mentre il quotidiano di Bellinzona ci ha informati che per il presidente UDC tutto è nel campo pipidino: “Se vi pentite noi ci siamo”.
Ravvedimento? Pentirsi? Marchesi, con tutto il rispetto, chi si crede di essere? Il Padreterno? Con che faccia, con che decenza, con che coraggio Marchesi si erge a giudice universale dei comportamenti degli altri partiti quando la stessa UDC, lo ha ammesso a più riprese Pierre Rusconi, sapeva fin dal primo giorno che il 9 febbraio era inapplicabile e l’hanno proposto così per divertirsi un po’?
Con che sprezzo del pudore parla, Marchesi, di ravvedimento e pentimento quando il suo partito ha lanciato “Prima i nostri” salvo boicottare la sua applicazione sin dal giorno dopo l’approvazione da parte del popolo? Con che scarso senso del ridicolo Marchesi incolpa Dadò quando l’UDC passa il tempo a proporre iniziative inapplicabili per poi far la figura dei martiri accusando l’universo mondo di essere contro la sovranità popolare?
Non il Parlamento, non Dadò: è l’UDC a svilire la sovranità popolare continuando a usare la democrazia diretta per boutade inapplicabili. Questa è la verità.