Nelle analisi sulle votazioni di domenica, da noi, ha trovato poco spazio la batosta che nei Grigioni si è presa la proposta di credito di 25 milioni per iniziare a proporre la candidatura del cantone a ospitare le Olimpiadi invernali del 2026.
Ed è un peccato che se ne sia parlato poco, perché è valido lo stesso identico discorso che abbiamo fatto più e più volte in merito alla Riforma III delle imprese: in un momento così difficile – anche nei Grigioni la situazione non è (più) così idilliaca –, è assurdo spendere così tanto per un qualcosa di fine a se stesso e che avrebbe portato indotto ai soliti noti. La popolazione grigionese, premiando gli sforzi della sinistra, si è resa conto che le stazioni turistiche non avevano bisogno di questo costosissimo “rilancio”. Anche a St. Moritz e a Davos, città che avrebbero ospitato il grosso degli eventi, la proposta è stata rifiutata. Ed è tutto dire.
Negli ultimi giorni di campagna, i media di tutto il mondo hanno dato ampio risalto alle pietose condizioni in cui versano gli impianti usati a Rio de Janeiro per le Olimpiadi di sei mesi fa. Ed è un tratto comune, questo. Le strutture per le Olimpiadi invernali di Torino, del 2008, sono ormai rovine pre industriali, quelle di Atene (2004) non ne parliamo neanche.
I russi e i ricconi di tutto il mondo continueranno a soggiornare a St. Moritz e Davos, senza che i cittadini grigionesi e la confederazione spendano milioni e milioni per un sollazzo di un paio di settimane. La soluzione migliore.