Questa è una settimana delicata per la SSR sul fronte Billag, e noi oggi vogliamo indirizzarci a coloro che, da giorni, si stanno lamentando del fatto che la RSI non manderà tutte le partite di playoff del Lugano e, finché l’HCL sarà in lizza per il titolo, nessuna partita di playout dell’Ambrì.
A nulla sono valse le spiegazioni che l’ente di Comano ha fornito come ogni anno, spiegando i motivi per i quali non si possono assicurare tutte le dirette. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Però c’è un però: quel sordo, in questo caso tifosissimo di hockey che sui social si indigna con la RSI perché non manda le partite della sua squadra, se la prende col bersaglio sbagliato. E, soprattutto, mostra di non capire appieno quale sia la posta in gioco con l’iniziativa No Billag.
Dimentichiamoci per un attimo Tettamanti che voterà l’iniziativa perché la RSI ha mandato un documentario su Chomsky e Tuto Rossi che, senza pensare ai milioni che ci deve e al fatto che senza canone anche la rete della sua compagna promossa/rimossa avrebbe qualche problemuccio, si lancia contro la RSI perché la sua auto non prende ovunque il segnale radio. Andiamo sul concreto: no Billag, no hockey. E no anche tutto il resto. Se già oggi il servizio pubblico non può acquisire i diritti per tutti gli eventi sportivi che vuole – e nonostante questo offre un palinsesto che in altri paesi, in chiaro, si sognano –, immaginiamo cosa potrebbe succedere se il servizio pubblico d’incanto non esistesse più. Anzi, spingiamoci più in là: immaginiamo cosa potrebbe succedere se, una volta fatta fuori la SSR grazie anche ai Tettamanti e ai Rossi, questi diritti finissero a editori senza un mandato di diffusione federale: addio HC Lugano, addio Ambrì.
Perché anche lo sport che guardiamo sul divano è servizio pubblico. E tutto il servizio pubblico rischierà di scomparire con l’iniziativa No Billag, non solo quel servizio del Quotidiano che non vi è piaciuto o quel conduttore che non ospita chi vorreste voi. Meditate.