Donald Trump, Vladimir Putin, Recep Tayyip Erdogan, Kim Jong-un: figuri che sembrano pescati pari pari da un centro di igiene mentale. Gli stessi che, purtroppo, hanno il ditino posato sui pulsanti dell’Apocalisse. Dovremmo rinchiuderli in una stanza e lasciarli a sfasciarsi di mazzate fra loro. Peccato sia impossibile.
In alternativa, godiamoci un altro avvincente match. Dopo la bufala dei 150 mila riservisti (fonte: mio cugggino), argomentata e difesa dal CEO squadernando un elenco di incarichi e titoli degno della peggiore arroganza di un Grillo (il marchese, non il comico), per la serie “io so’ io e voi non siete un cazzo”, nell’editoriale in prima pagina di ieri arriva la ribellione di chi dovrebbe essere il vero direttore (ma ormai conta meno di un Dillena qualsiasi): “L’onestà intellettuale dovrebbe indurre tutti noi a fermarci davanti a questa linea rossa e a resistere alla tentazione di varcarla con speculazioni, dietrologie, partigianerie o, peggio ancora, teorie complottiste fondate sul nulla o su notizie inventate di sana pianta”. E ancora: “C’è chi stravede per il presidente con il ciuffo. Non siamo tra loro. Non lo siamo stati durante l’insulsa campagna elettorale, non lo siamo ora. Al di là del personaggio e dei suoi modi sguaiati e arroganti, sono i contenuti della sua politica e le macroscopiche carenze quale presidente a suscitare forti preoccupazioni in chi si riconosce nei valori della società aperta, liberale, fondata sul primato del diritto e sul rispetto della persona”.
Wow! Una vera dichiarazione di guerra, tutta interna al “Corriere del Ticino”. Chi la spunterà fra il CEO trumpiano e il “direttore” ribelle? Attendiamo curiosi il primo sangue.