No, non è vero quello che si è letto stamattina: la LIA non sta funzionando. E a dirlo sono gli stessi dati dell’Ufficio cantonale di statistica usati, tirandoli e forzandoli senza pietà, dal GdP in prima battuta e, poi, da Ticinonews.
“Crollano i padroncini”, scrive quest’ultimo. Ed effettivamente i numeri sono chiari: il calo è di un migliaio di persone, pari al 36,5%. Un trionfo? No. Perché nell’ultima riga, quella che al lettore convinto che il Ticino sia la nuova Silicon Valley con dati occupazionali che neanche in Scandinavia ormai non interessa e nemmeno leggerà, scopriamo l’altro lato della medaglia: i lavoratori esteri assunti in modo temporaneo sono cresciuti del 20,7%. In sintesi: la LIA non funziona proprio per niente, e questi dati dicono semplicemente come sia stato tolto sì dalla tasca sinistra, ma che quasi la metà di ciò che è stato tolto sia immediatamente rientrato nella tasca destra.
La cosa ancora più grave, però, è il sottinteso che emerge dai dati del primo semestre del 2017. Chi viene a lavorare da fuori ha trovato vari escamotages per continuare senza problemi nonostante l’Albo LIA, escamotages che invece non ci sono per le ditte locali, che a distanza di mesi, e dopo un calvario di procedure, devono ancora fornire documenti, affrontare problemi burocratici e disagi di ogni tipo. In alcuni casi a conoscenza della redazione, ditte che hanno presentato da mesi tutti i documenti necessari non risultano ancora iscritte all’Albo.
Se è così che Claudio Zali intendeva difendere i nostri lavoratori, il fallimento è evidente e prima ancora delle analisi a dirlo sono i numeri. Molto più forti delle post verità in salsa ticinese.