La spesa in Italia tiene banco come tema ormai da anni, da quando le vacche grasse se ne sono andate dalla stalla e sono sparite allegramente all’orizzonte. Discussioni su discussioni, polemiche su polemiche, pro e contro. Chi dice che è sbagliato perché non aiuta la nostra economia, chi dice che è una necessità perché i prezzi sono più bassi.
L’ultimo tassello al polemicone che ormai è alto come la piramide di Cheope è una foto di Lorenzo Mammone, giornalista di Patti Chiari, che osserva un melone alla Bennet.
La polemica in realtà è abbastanza sterile, anche se qualcuno, sia a destra che a sinistra vorrebbe darle connotazioni politiche. Semplicemente non esiste un solo ticinese che non va almeno ogni tanto, anche solo una volta all’anno, anche solo per caso, a fare una spesa oltre frontiera. Se non ci va è perché ha la frontierofobia, è disabile, oppure ha l’Alzheimer e non si ricorda più dove si trova l’Italia. Anche legioni di UDCleghisti che spernacchiano di Fallitalia vanno all’Iper o alla Bennet a riempirsi le sporte.
La realtà è semplice. Chi può resta in Svizzera, compra qui e anche qui sceglie in base al portafoglio. Se sei più povero opti per negozi più a buon mercato, se sei più ricco ti servi in magazzini più blasonati. Chi va in Italia spesso non lo fa per ingordigia ma per necessità. Anzi, per molti di noi non c’è scelta. Una spesa oculata in Italia costa la metà rispetto a una in Svizzera, e per economie domestiche ormai all’osso ogni franco è importante.
Sarebbe bello però comunque parlarne: Ha ancora senso difendere il proprio territorio? Se si a che condizioni? Quali negozi dovrebbero essere privilegiati? Le condizioni del personale? La qualità delle derrate? Il chilometro zero? Mammone è un traditore o uno di noi?