Anche Isabelle Moret, nelle sue prime dichiarazioni da candidata al Consiglio federale, è caduta in un discorso che, sebbene sia comune, è ogni giorno che passa sempre più pericoloso: quello di definirsi a favore della libera circolazione “ma con dei correttivi”.
Il calvario che ha portato all’applicazione (edulcorata) dell’iniziativa Contro l’immigrazione di massa non sembra aver insegnato molto. Da una parte l’UDC ancora si arrocca all’idea di lanciare un’iniziativa per cancellare tout court la libera circolazione, dimenticando le basi della civica e una sentenza del Tribunale federale: esiste il diritto superiore, e i Bilaterali votati – a più riprese, giova ricordarlo – dal popolo hanno la precedenza. Dall’altra parte anche il PLR, seppur più timidamente, sta seguendo questo sentiero: prima eleggendo alla presidenza Petra Gössi, sull’immigrazione e sull’Europa molto vicina ai democentristi, poi con questa dichiarazione di Moret.
Non sono dichiarazioni (o programmi) che confortano. Non per le opinioni, che ognuno è libero di avere e che in democrazia hanno tutte casa. Ma per il metodo, per la totale assenza di rispetto per la prassi, per le regole, per i trattati. Dire di essere favorevoli alla libera circolazione “ma con dei correttivi” come fatto da Moret significa dire niente. Fatto salvo il fatto che i trattati per loro definizione sono tutti rinegoziabili, occorre rendersi conto di come per farlo si debba essere in due: l’Unione Europea, alle prese con la trattativa con il Regno Unito – che, tra l’altro, ha fatto due conti e senza libera circolazione son dolori – da quell’orecchio non ci sente. La destra svizzera deve capire, nell’interesse di tutto il paese e della sua stabilità, che quelle sulla libera circolazione allo stato attuale sono solo chiacchiere. L’unica soluzione a questa impasse è un voto, chiaro e netto, sugli Accordi bilaterali. Tutti, gli Accordi bilaterali. A favore o contrari? Fine.
Si capisce l’intenzione del PLR di non giocare col fuoco, di non tirare la corda e rischiare che l’esasperazione di parte del popolo – motivata o immotivata che sia – influenzi una votazione fondamentale come quella, ipotetica, sugli Accordi bilaterali. Ma, appunto per questo, è bene che la si smetta di buttarla sulla semantica e ci si occupi, con più costrutto e cognizione, del futuro delle relazioni tra la Svizzera e i suoi 500 milioni di vicini di casa.
[j.sc]