Dopo mesi di processi social e sentenze più o meno non richieste, il processo a Lisa Bosia Mirra, quello vero nelle aule di tribunale, ha avuto il suo epilogo: confermata la condanna già emessa col decreto d’accusa. Tuttavia, nei fatti le motivazioni e le parole del giudice Siro Quadri rappresentano una sorta di vittoria morale per Lisa, al di là dell’ovvio e indiscutibile dovere per i magistrati di applicare le leggi vigenti, accertatane la violazione.
Lisa Bosia, secondo la sentenza, ha effettivamente e consapevolmente violato la legge, e su questo c’è decisamente poco da accanirsi avendolo lei stessa ammesso i fatti, ed è legittimo che un giudice preservi l’ordine giuridico costituito, essendo pagato per quello. Ciononostante, è fondamentale sottolineare che lo stesso giudice Quadri ha tenuto a dire “forte e chiaro” che comprende “lo spirito di Bosia elogiando l’impegno sociale da lei profuso”, seppur limitatamente all’operato per i migranti presso la stazione di Como. E non è poco, considerate le pesanti critiche ricevute anche rispetto questa attività, e il fatto che siano pronunciate da un magistrato, ancorchè a titolo personale, rappresentano un chiaro riconoscimento delle motivazioni umanitarie, considerate valide, e questo è l’aspetto più importante, anche come attenuanti di diritto:
“La legge prevede già 30/40 aliquote per il passaggio anche solo di 2-3 persone senza organizzazione. Pertanto l’accusa ha già tenuto conto delle ragioni umanitarie dell’imputata”. E di persone, ricordiamolo, Lisa ne ha aiutate 24, a fronte di una condanna a “sole” 80 aliquote giornaliere, sospese condizionalmente per 2 anni: è chiarissima in questo senso l’incidenza delle motivazioni umanitarie addotte dalla difesa riguardo l’entità della pena.
Quindi si, Lisa Bosia Mirra è stata riconosciuta colpevole, e come già ribadito più volte non discuteremo oltre una sentenza emessa da un tribunale, uno vero e non su bacheche social. Ma il suo lavoro, la sua dedizione agli ultimi e ai disperati sono state pienamente e pubblicamente riconosciute, non solo moralmente ma anche ufficialmente e legalmente, di diritto, essendo nero su bianco la loro valenza di attenuanti.
Quindi si rassegnino i vari manettari e forcaioli che da un anno imperversano sulla Rete al riguardo ripetendo il mantra “In galera!”, e ora sicuramente insoddisfatti che Lisa non sia dietro le sbarre col pigiamone a righe: la sentenza è emessa, e, salvo appello, il processo finisce qui. Il resto da ora è chiacchiera da bar.