Sarà contento il Corriere del Ticino, che grazie al can can mediatico che ha tirato in piedi è stato causa dell’allontanamento di un privato cittadino dal suo posto di lavoro. Il Corriere infatti, per i suoi squallidi giochi politici, aveva attaccato i dipendenti di Argo1 che avevano contribuito a denunciarne le magagne e li aveva sbattuti in prima pagina con nomi e cognomi.
Oggi, uno di loro, riassunto da Securitas, è stato sospeso. L’uomo, con un florilegio di ipocrisia senza vergogna, è stato allontanato: “a titolo cautelativo» e «di comune accordo con il Dipartimento della Sanità e della Socialità». Inoltre, guarda il caso: «non è possibile reintegrarlo altrove». Con l’accordo del DSS? Ma Beltraminelli da che parte sta?
Facciamo nostre le parole di Matteo Caratti, che giustamente si altera per l’iniquità del trattamento e per la gogna mediatica in stile Mattino della Domenica:
“Sconcerto e pubblica condanna firmata dalla redazione di Falò e dalle associazioni dei giornalisti ha destato la gestione del caso da parte del blasonato ‘Corriere del Ticino’. Questo perché, a due riprese, ha calpestato le più elementari regole del giornalismo: con un’informazione a tutta prima pagina sulla celata invalidità del superteste, si è tentato di screditarlo, salvo poi non dar conto nell’edizione successiva che, ciò nonostante, per la procura egli rimaneva credibile. Passi uno scivolone, ma sull’edizione del giorno dopo, la cosa si è pure ripetuta. Non si lascia, ma si raddoppia e si bollano due ex agenti di sicurezza di Argo 1, motori della denuncia, di – citiamo – ‘infiltrati’ del sindacato Unia nell’agenzia di sicurezza e informatori di Falò. E questo facendo nomi e cognomi (con particolare evidenza), quando non c’era necessità alcuna di svelarne le generalità. Tanto più che si tratta di persone che stanno legittimamente facendo valere i loro diritti di lavoratori dipendenti, reclamando salari non versati (nero, usura…), e che sono parti lese!”
Caratti dà voce, come facciamo noi, a tanti ticinesi onesti che si vergognano e si incazzano per questi metodi squadristi che nulla hanno a che fare con il giornalismo. Urge un richiamo alla deontologia e alla correttezza da chi ha voce in capitolo per poterlo fare: l’Associazione dei Giornalisti l’ha già fatto, i sindacati pure. La politica a questo punto dovrebbe darsi una bella mossa in Parlamento.