La donna che qualche mese fa aveva commentato sui social in modo indegno la morte della giovane eritrea caduta dal balcone a Bellinzona e denunciata con una “class action” da una quarantina di cittadini, è stata condannata. Non sono importanti le aliquote o di quanti franchi. Vista la pena, la signora è probabilmente anche poco abbiente (le aliquote finanziarie vengono comminate in base al reddito).
È però giusto che si sappia che chi si permette di scrivere atrocità sui social, che non solo offendono ma feriscono anche le persone, viene perseguitoe condannato. Vale per Msy Maffioli e per le sue frasi idiote su Tamagni, come per la signora in questione e la sua gioia per la morte brutale della 24enne eritrea.
I cittadini onesti vogliono un minimo di correttezza anche sui social. Ci sta l’opinione diversa, ci stanno anche termini forti e al limite aggressivi, ma augurare la morte a qualcuno o umiliare le vittime è un gesto infame che va sanzionato.
Ricordiamo che il fatto aveva sollevato molta indignazione, al punto che un gruppo di cittadini si erano coalizzati per denunciare la hater e una sua collega, che però è stata assolta dal procuratore Garzoni perché non ravvisati i limiti del reato. La legge infatti è molto sottile, basti sapere che la frase nigeriani di m***a è perseguibile in seguito alla violazione della legge sul razzismo, ma negri di m***a no, perché la categoria risulta troppo vasta e non specifica.
Lo stesso gruppo di cittadini si è detto intenzionato a denunciare, se riuscisse a trovare il recapito, anche Msy Maffioli, l’internauta che aveva irriso all’omicidio Tamagni. A dimostrazione che non ci sono colori politici in ballo quando si travalicano i limiti del buon senso e della crudeltà verbale.