A essere finita nell’occhio del ciclone, con lo scoppio dello scandalo legato alla racconta poco trasparente dei dati di Facebook e al successivo utilizzo fraudolento che di quelle informazioni ne è stato fatto è la fantomatica società di consulenza Cambridge Analytica. Un istituto che, sottobanco, attraverso le sue analisi e sviluppando algoritmi in grado di controllare e valutare scientificamente l’efficacia dei messaggi ad alto tasso di populismo, si presume abbia cercato proprio attraverso i canali social di influenzare l’opinione pubblica e il voto delle ultime elezioni presidenziali americane.
Ma la cosa in assoluto più inquietante di tutta questa faccenda è che, a tirare i fili, il grande burattinaio dietro alle attività di Cambridge Analytica, non era altri che l’ex consulente del presidente Trump, Steve Bannon. Fu lui il primo a supervisionare il lavoro sporco fatto per manipolare l’elettorato americano. O almeno questo è quanto afferma Chris Wylie, la gola profonda di tutta questa sporca faccenda che sta creando non pochi grattacapi a tutti coloro finora chiamati in causa con Facebook e il suo ideatore Mark Zuckerberg in primis.
Facile scommettere che sia davvero andata così soprattutto considerando che proprio l’ultraconservatore Steve Bannon, considerato da molti come l’ideologo di una nuova destra globale, arrembante e illiberale, fu vicepresidente di Cambridge Analytica fra il 2014 e 2016. E fu Bannon, a quanto si dice, ad approvare nel 2014 una spesa di circa un milione di dollari per recuperare i dati personali necessari alla creazione di modelli di analisi che tornassero utili alla causa di Donald Trump.
Il guru Steve Bannon che, di passaggio qualche settimana fa nella Svizzera italiana, all’indomani delle elezioni politiche italiane aveva prontamente commentato l’esito delle urne come fa un tifoso dopo la vittoria, per uno schiacciante 7 a 0, della propria squadra. Arciconvinto in quell’occasione che il successo dei Cinque Stelle e della Lega facessero parte di un disegno strategico globale, segno evidente dell’emergere di una destra populista stufa marcia dell’establishment. Bannon che, ricordiamolo, in Ticino c’era arrivato su invito della Weltwoche (guarda caso di proprietà UDC) e di Tito Tettamanti.
E si sa, un tifoso, pur di far vincere la propria squadra sarebbe pronto a tutto. Anche di barare senza vergogna. Della quale sembrano sprovvisti gli attuali tirapiedi di una destra al servizio innanzitutto dell’economia e della finanza. Perché l’unico vero antidoto a questo tipo di pensiero è la democrazia, una democrazia che va messa a tacere e drogata con qualsiasi mezzo. Lecito o illecito che sia poco importa. Anche a costo di assoldare il primo Bannon che capita a tiro. Guru sì, ma della truffa, dell’inciucio e del plagio ai danni dell’elettorato.