Mare mosso tra due istituzioni svizzere, in merito alla nuova decisione del Consiglio Federale di allentare ancora le briglie ai produttori di armi. Le bombe a mano elvetiche in mano a militanti dell’ISIS, hanno recentemente creato scalpore, come anche la decisione di vendere materiale bellico anche a Paesi in guerra civile.
Ricordiamo che solo in maggio erano state raccolte 120’000 firme, contro le 50’000 necessarie, per un divieto di finanziare i produttori di materiale bellico (leggi qui). Ma la nostra politica federale viene bacchettata sulle dita dal CDF, il Controllo federale delle finanze.
Secondo l’istituzione governativa, che non usa molte perifrasi, le istanze federali dovrebbero mantenere una distanza critica dalle imprese monitorate e dai loro lobbisti. L’amore per i lobbisti è d’altronde pratica comune ed accettata, basti ricordare Lorenzo Quadri con UPC Cablecom (leggi qui).
La SECO (Segreteria di Stato per l’economia) rispedisce le accuse al mittente criticandone il rapporto e ribadendo che non fa che dare seguito alle decisioni della politica. Appunto.
Sta di fatto che da decenni la politica legata all’esportazione di armi ha reso molto più fluide le possibilità di esportazione, sfruttando cavilli legali e prendendo decisioni dubbiose, come l’ultima, arrivando a ribadire il ridicolo: l’esportazione di armi non lederebbe né la neutralità Svizzera né i suoi principi umanitari.
Oggi dovremmo vergognarci tutti un po’ di più, perché è proprio la politica del centro e della destra che crea le premesse per guerre e morti in Paesi che partoriscono legioni di profughi, profughi che poi la stessa destra, in un perverso circolo vizioso, usa come spauracchio per guadagnare voti.
Un gioco bestiale e ignobile che ottiene due vantaggi, dare una mano agli esportatori di armi e raccoglierne la riconoscenza, e ramazzare voti gridando all’invasione di poveracci che scappano da guerre in cui vengono impiegate anche le armi prodotte in Svizzera.
Un gioco antico, i più grandi infatti ricorderanno il farisaico comportamento della Pilatus, quando vendeva aerei ai Paesi in guerra. Lo faceva con la scusa che non erano armi ma aerei per per la ricognizione. Che avessero già predisposti sotto le ali gli attacchi per bombe e mitragliatrici non era un problema per la Pilatus né per la politica svizzera. Il bombardiere dei poveri, veniva chiamato il PC 7 negli anni ‘80. Insomma, la bella tradizione umanitaria e a questo punto immaginaria della Svizzera procede. Una Svizzera che vive di rendita grazie a Henry Dunant e alla sua Croce Rossa, ma che ha ipocritamente continuato a ingrassarsi con la morte altrui senza scomporsi più di quel tanto.