Diciamolo chiaro. Denunciare Matteo Pronzini è una cavolata pazzesca. Un autogol micidiale che rischia neanche tanto velatamente di delegittimare ancora di più i quattro Consiglieri di Stato querelanti.
Unico a smarcarsi, Manuele Bertoli, che ha deciso di non seguire i colleghi su questa china suicidale, dimostrando buon senso e senso dell’etica.
Ricordiamo poi che Bertoli è comunque anche qui, unico tra i Consiglieri di Stato, ad aver già da tempo dato disponibilità (già a febbraio) per restituire i rimborsi, accettando serenamente le critiche piovute dall’MPS e ritenendo corretto restituire soldi che delle leggine strane e cavillose, concedevano ai ministri.
La levatura di un personaggio politico si vede anche in queste cose, la denuncia a Pronzini sarà anche comprensibile, a nessuno piace sentirsi dare continuamente del ladro, ma poco opportuna dal punto di vista politico.
Oggettivamente molto più saggia la linea di Bertoli, che non ha supportato la denuncia e che ha restituito i soldi senza fare tante storie.
Non pensiamo oggettivamente che i ministri siano ladri, pensiamo che certe regole che esistono da anni, seppur sbagliate, fanno parte del bagaglio che un Consigliere trova preconfezionato e su cui non si china. Errore? Certo, ma è credibile pensare che un ministro si occupi più assiduamente dei dossier che lo riguardano piuttosto che spulciare tutti i rimborsi che un regolamento precotto gli fornisce.
Detto questo, le mosse successive dei quattro ministri sono state poco lungimiranti, scomposte e un po’ isteriche. Sarebbe stato sufficiente fare come Bertoli e la politica cantonale oggi sarebbe un po’ più credibile, soprattutto dopo tutte le beghe e gli scandali degli ultimi anni.
Se poi Pronzini in sede di procedimento penale, sarà condannato per denuncia mendace e calunnia, cosa probabile visti i toni usati dal granconsigliere, poco cambierà.
Il messaggio che passa, soprattutto da persone che hanno sul gobbo gli scandali di Argo1 o dei permessi falsi, stona come un violino scordato.