Il giorno della memoria. Per questa ricorrenza potevamo proporre un qualche libro …inedito, una qualche nuova testimonianza. E invece … invece eccoci con il punto di non ritorno, un libro che molti dicono di aver letto e che, comunque, tutti dovrebbero leggere.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha consacrato il 25 di gennaio quale «Giorno della Memoria». La scelta della data non è stata casuale: è, infatti, in quel giorno che l’armata russa aprì «il cancello dell’orrore» su cui si leggevano le parole «Arbeit macht frei» («il lavoro rende liberi»). Orrore più grande non si era mai visto, il campo di concentramento di Auschwitz è stato davvero la concretizzazione dell’immagine dell’inferno che il mondo occidentale si era dato. Forse anche peggio, sentite poi le testimonianze dei sopravvissuti e ricostruite certe allucinanti dinamiche interne al lager.
Giusto dunque decretare un giorno dedicato a questo momento. Più giusto ancora destinarlo «alla memoria», affinché questo scempio non possa essere dimenticato. Per dirla con Primo Levi, uno degli scampati, nella struggente poesia «Per non dimenticare»:
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per un pezzo di pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate se questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
In poche, ma potenti e disarmanti frasi, è detto tutto. Parole, queste, che andrebbero studiate, insegnate, imparate a memoria. Perché racchiudono un monito che solo i vigliacchi e i codardi potrebbero tralasciare di considerare. Perché anche questa è la «nostra» storia, con la “s” maiuscola.
È dunque doveroso leggere o rileggere il capolavoro di Primo Levi. Un viaggio nelle tenebre e nelle brutture umane che peggio di così è impossibile da immaginare. Un’esperienza durissima ma necessaria se le parole si scrivono e rimangono per dare senso anche all’insensata crudeltà e mostruosità di cui è capace l’uomo. L’uno contro l’altro per sopravvivere, la dignità umana azzerata completamente, la violenza più truce. Una testimonianza che stordisce il lettore, un difficile confronto con la banalità e l’ineluttabilità del male e del dolore che sconvolge. Eppure leggere o rileggere «Se questo è un uomo» si può. Di più: si deve. Per il giorno della memoria, ma non solo. Anche se «Auschwitz concerne l’indicibile, si pone al di sopra dei fatti» (Elie Wiesel, sopravvissuto all’Olocausto e premio Nobel per la pace nel 1986)
«Se questo è un uomo», 1947, Primo Levi, Einaudi, 2014, pag 214. Euro 12,00.