No, cavoli, sono soddisfazioni. Pensate un po’, con tutta la crisi che c’è, noi riusciamo anche ad aumentare l’export. L’industria svizzera è una di quelle di cui andare fieri perché è un’industria di punta con un alto valore aggiunto, che ha aumentato i suoi introiti del 14%.
Quale industria? Ah, quella delle armi, sorry. È bello vedere che quando si fanno le cose bene, poi i risultati ci sono. Poi certo, se guardiamo quelle quisquilie dei diritti umani o della neutralità, siamo onesti, non si va da nessuna parte. Cioè, mica li violiamo noi i diritti umani, no? Se vendo a uno una pistola e la usa male, è poi colpa sua. Come per una moto, se vai a duecento all’ora e investi qualcuno mica è colpa della Kawasaky, no? Nessuno penserebbe di prendersela con la casa giapponese tanto amata dai centauri.
Peccato che quei seccatori buonisti sinistrati si ostinano a pensare che questo non è un business decente. Datemi retta, se ne escono soldi, ogni business è buono. Ma loro no, ostinati come zecche, hanno raccolto 100’000 firme solo a inizio febbraio, e per cosa? Per mettere i bastoni tra le ruote alla nostra sana economia “Contro l’esportazione di armi in Paesi teatro di guerre civili” hanno chiamato la loro iniziativa.
Che poi come fai a saperlo se un Paese è in guerra civile? Oggi vanno tutti d’accordo e domani tac! Guerra civile. Dicono che il Consiglio federale ha troppa competenza in materia, che ha allentato le regole…e se le fa strette le regole non vanno bene, e se le fa larghe nemmeno…insomma, decidetevi.
Intanto, grazie alla nostra sana industria sono entrati dei bei milioncini, decine di milioncini. Nelle nostre belle saccocce, e tutti lo sanno, quando hai qualche franchetto in più in tasca dormi sonni più tranquilli.
E i morti?
Beh, quelli sono lontani, noi siamo neutrali, per noi tutti i morti sono uguali.