Dopo la sconfitta subita a Melbourne dal greco Tsitispas, bello come un dio e tecnicamente fortissimo, in molti, specialmente fra i professionisti in materia, hanno decretato il cambio sul trono dell’Olimpo – da un Nume all’altro. Ma c’era dell’altro, e s’era visto bene anche in quest’ultima avventura, e purtroppo in modo costante, dal match contro Kohlschreiber alla semifinale contro Fucsovics passando per Verdasco.
Impietosi i primi piani di un Federer che scrolla la testa, che dice addirittura le parolacce: sembrava di assistere al classico “finale di partita” di un grande campione che non capisce come possa sbagliare certi colpi. E noi a sussurrare sottovoce, senza il coraggio di dirlo apertamente: molto semplice, è il tempo che scorre, Roger, t’en fait pas.
E invece…Oggi Federer ha dimostrato di essere, in senso positivo, anche un trasformista, un Brachetti o un altro artista abilissimo nel travestimento, proprio contro quel Tsitsipas che doveva essere il suo erede; il destino gli ha dato una seconda chance, meritata, e il grande, sublime campione l’ha colta immediatamente andando a strappare il servizio all’avversario in entrata. Il resto è stata una cavalcata trionfale, un 6-4 6-4 che rimette ordine nell’alto dei Cieli del tennis. Un servizio formidabile, un reattività da sprinter, una resistenza da maratoneta, un’alternanza di colpi potenti e battute raffinate, tutto il repertorio di un atleta che è anche un artista, ne abbiamo avuto l’ennesima conferma; colpi incrociati che sembravano usciti da una macchina studiata all’ETH o a Politecnico di Losanna, fasci di laser fulminei, raffinati, beffardi quasi”tagli”, la solita “preveggenza” nel capire le intenzioni di Tsitsipas, che alla fine, demoralizzato di fronte a tanta sapienza, si è semplicemente inchinato.
Federer ha dunque raggiunto il suo scopo: 100 vittorie – in 152 finali. L’ha fatto in souplesse più che al termine di una battaglia epica, magari al tie-break nel terzo set. Il “divino”, ci sta, ci sta, fatte le debite proporzioni, ha dato l’impressione di non essere arrivato al termine del suo straordinario percorso. Possiamo aspettarci altre meraviglie.