Michela Murgia ha ormai l’onore di essere finita nella lista dei nemici ufficiali di Salvini, ovvero quegli intellettuali o politici che sono stati additati al pubblico ludibrio dei suoi followers. Persone come Roberto Saviano o Laura Boldrini, che fanno scattare riflessi pavloviani negli haters leghisti.
Questo onore comporta un trattamento speciale. È sufficiente un’alzata di sopracciglio da parte del ministro dell’Interno per fare partire bordate di contumelie, insulti e minacce.
La Murgia già in passato, grazie anche alle risposte taglienti ed articolate a Salvini, era stata presa di mira (leggi qui).
È risuccesso, in un copione ormai stantio, dove un gruppo di sostegno a Salvini ha pubblicato un intervento che la scrittrice aveva espresso a “Repubblica delle idee”, la kermesse bolognese del giornale recentemente svoltasi.
È bastato questo per avere per ore minacce di stupro, insulti, e minacce di morte, in un crescendo a cui i sostenitori di Salvini ormai ci hanno abituati. Scrive la Murgia:
“Le pagine di sostegno al governo leghista che consentono questo linguaggio – al di là delle intenzioni dei commentatori – hanno come scopo l’intimidazione. Non tanto rivolta a me, che ho sempre detto quello che penso e continuerò a farlo, ma a chiunque possa pensarla nello stesso modo e abbia intenzione di dirlo apertamente, in modo particolare se donne.
Lasciare questa sequenza di commenti in un gruppo aperto dedicato a Matteo Salvini, manifesta l’intenzione di ‘punirne una per educarne cento’, facendo vedere a tutti – e soprattutto a tutte – cosa succede a chi ha idee diverse dalle loro e si permette di manifestarle apertamente. Questo comportamento ha un nome: si chiama squadrismo ed è l’espressione pratica della violenza come metodo politico. Qualunque leader politico democratico – specialmente uno che fa spendere ai cittadini 404 mila euro all’anno di stipendi per pagare chi si occupa della sua comunicazione – si dissocerebbe immediatamente da chi usa metodi simili. Il ministro degli Interni, che di solito è pronto a twittare su qualunque cosa, invece in casi come questi tace”.
A un giorno dallo sciopero delle donne, non possiamo che essere vicini a Michela, perché la disparità di genere passa purtroppo anche attraverso le minacce. Perché certo dissenso spesso va a colpire le donne in quanto tali e usa i canoni mostruosi e beceri della violenza maschile.