Lo so, il titolo è forse un po’ fuorviante dato che l’oggetto del contendere non è la Stonehenge, quella vera, attrazione turistica affollatissima e patrimonio dell’UNESCO, ma un’altra ben più piccina. Già. La Stonehenge in questione non si trova in Inghilterra, bensì a Claro. Lì recentemente è stato riportato alla luce un luogo di culto vecchio di oltre 4000 anni. Una prima assoluta per la Svizzera italiana. Una scoperta a suo modo straordinaria. Eppure c’è chi di fronte a quegli enormi sassi affiorati dal terreno, detti anche megaliti, storce il naso. Immune al fascino degli Indiana Jones nostrani.
È Rinaldo Sala, il copromotore del progetto immobiliare previsto sul terreno che è stato oggetto di scavi a Claro. Lo apprendiamo da un articolo apparso su Tio.ch che ne raccoglie puntualmente le lamentele. La sua palazzina di otto appartamenti sarebbe già abbondantemente a tetto se non ci fosse stato questo spiacevole imprevisto. C’è infatti chi per prima cosa pensa ai propri affari e lo fa seguendo un principio granitico, meglio ancora se di cemento armato: più costruisco e più guadagno. Perché il tempo è denaro. Quattro vecchi sassi in croce lo sono decisamente meno.
“In questi mesi si potevano già incassare i primi affitti o vendere come nostra intenzione – dice chiaro e netto il signor Sala – Ma il ritardo ha fatto saltare le trattative con una persona molto interessata. Ci ritroviamo così con l’ipoteca del terreno da pagare e zero introiti. Non solo, la stessa impresa di costruzioni che contava su quel lavoro ha dovuto lasciare a casa alcuni operai. Se tutto ciò non giustifica un indennizzo…”. Soldi che il Cantone dovrebbe sganciare per risarcire i ritardi e il danno subìto. Che nella logica di chi non ha tempo per sfogliar le margherite o per dilettarsi d’archeologia è comprensibilissimo. O quasi.
Meno quando lo stesso atteggiamento, lo stesso pensiero è avallato da un giornalista che il proprio pezzo lo apre così: “Meglio trovare una pepita, al limite anche qualche lastra di eternit. Guai però a disseppellire un megalite! Non sarà la maledizione della tomba di Tutankhamon, ma i ritrovamenti rupestri sul sito neolitico di Claro si stanno rivelando una grossa grana per i proprietari del terreno dove era prevista, ormai più di un anno fa, l’edificazione di una palazzina… E il fenomeno non sembra isolato.” Ironia a parte, cavalcare il malcontento di chi si sente defraudato dal fatto che la legge imponga, in casi eccezionali come quello in discussione, di dare spazio alle ricerche scientifiche è francamente inaccettabile. Un po’ come quando ti trovi di fronte a un adolescente che fa spallucce se gli chiedi dell’11 settembre del 2001 e dell’attacco alle Torri Gemelle, perché lui all’epoca non era ancora nato.
È assurdo soprattutto considerando che non di rado, proprio per evitare seccature di questo genere, chi in testa c’ha solo il mattone, non si fa certo scrupoli a demolire tutto, a distruggere i reperti rivenuti facendo finta di nulla (leggi qui). Qui la lacuna da colmare è l’assenza di senso civico, creando la consapevolezza che quel che io dico essere “mio” – il terreno è mio, ci sto perdendo dei gran soldi e per cosa poi? – in precedenza potrebbe aver ospitato popoli e attività che hanno un profondo valore storico. Proprio come nel caso del luogo di culto ritrovato a Claro o delle necropoli, cioè dei cimiteri sopra i quali, comunque, alla fine del tempo previsto per gli scavi e fissato per legge, i Sala e compagni potranno tornare a costruire tutti i condomini o le villette con piscina che vogliono. Alla faccia del patrimonio culturale di tutti noi.