È Elon Musk, il visionario imprenditore sudafricano, papà di Paypal e di Tesla, a fornirci la soluzione alle difficoltà di apprendimento o alla pigrizia. La soluzione, che mette in realtà un po’ a disagio, è in un piccolo dispositivo-protesi simile a un apparecchio acustico.
Dal marchingegno attaccato alla testa, si dipanano dei fili sottili come capelli che, attraverso un foro di otto millimetri s’infilano nel cranio e, iniettati, s’interfacciano con i neuroni.
L’apparecchietto rileverà i nostri pensieri, potenziandoli:
“Alla lunga potremmo creare un’interfaccia cervello-macchina completa per ottenere una sorta di simbiosi con l’intelligenza artificiale”
Ci racconta Elon tutto felice. In poche parole, l’obiettivo di Musk è, col tempo, di creare un rapporto uomo-macchina wireless che renda in pratica quasi inutile studiare. Musk garantisce che sarà una svolta per il genere umano.
A noi, timidi e ignoranti self-made man, gente che si è fatta da sola sui banchi di scuola e lavorando la notte, questa storia mica va tanto giù. Certo, evviva il progresso, è però inevitabile sentirsi a disagio al pensiero che la fatica che ci forgia possa essere vanificata da un aggeggino impiantato nel cervello, un ponte a due vie tra uomo e macchina, dove l’uomo perde ogni giorno e sempre più la sua essenza.
Pure Musk è preoccupato e l’ha pure dischiarato, insieme con altri capoccioni della Silicon Valley, per l’evoluzione delle intelligenze artificiali, che potrebbe essere imprevedibile. Neuralink, la società creata da Musk, è però convinta di poter tenere a freno i lati potenzialmente minacciosi di queste entità neurologiche digitali.
Sono antiscientifico e retrogrado? Forse sì. Ma ogni giorno che passa ho la sensazione che l’uomo non viaggi di pari passo con le sue scoperte scientifiche e che la velocità con cui progredisce la tecnologia, non ha un corrispettivo morale ed etico nell’interfaccia uomo.
I Cro Magnon che ieri offrivano il cuore di un bue muschiato alla Luna, oggi gironzolano per i centri commerciali su monopattini elettrici e monoruote basculanti, con minicomputer di nuova generazione che li collegano 24 ore su 24 a tutto il mondo e a tutta la conoscenza possibile. Eppure sono sempre lì, gratti la crosta e ricompaiono gli spaventati e violenti antenati che calcavano le tundre durante le ere glaciali, quando l’interfaccia dell’uomo erano la natura, il mammuth, il rinoceronte lanoso, la tigre dai denti a sciabola. Allora ascoltavamo il mormorio dell’acqua e il fischiare del vento tra le alte erbe ed eravamo qualcosa di uguale ma diverso, qualcosa di più sano e meno invasivo per il nostro pianeta. O forse no, e da quando abbiamo cominciato a pensare, abbiamo iniziato a distruggere.
La nostalgia fa parte di ogni generazione. Ogni volta che passiamo il testimone, abbiamo inevitabilmente il pensiero che qualcosa di bello e importante è andato perso. A volte sono solo sensazioni nostalgiche, a volte è verità. Rimane la certezza che quelli come Elon, visionari e sognatori, ma anche invasati di tecnologia, possano in realtà solo ulteriormente degradare una specie che non ha i mezzi psichici, etici e morali per accogliere questa tecnologia. Come si dice? Ai posteri l’ardua sentenza, anche se non sappiamo chi saranno, a questo punto, i nostri posteri.