D’accordo. Ma, mentre parliamo, vi siete chiesti chi è Gad Lerner? Chi è davvero l’uomo che, per due volte in sei mesi, è stato insultato in quanto “ebreo”, in Italia, nel 2019? Bene.
Gad Lerner è nato a Beirut, in Libano, 65 anni fa, da una famiglia ebraica che si era stabilita in Palestina sin dalla fondazione dello Stato di Israele. Il padre, Moshé, è nato e cresciuto in un kibbutz di Haifa da genitori galiziani originari di Drohobyc (nell’attuale Ucraina, all’epoca parte dell’Impero Austro-ungarico), mentre la madre israeliana è cresciuta in Libano con la famiglia, in un ambiente animato da un ricco mercante turco e dalla figlia di intellettuali lituani. A tre anni Gad si è trasferito con i genitori a Milano, dove per trent’anni è stato apolide in attesa della cittadinanza italiana, che gli viene riconosciuta solo nel 1986. In un uomo solo convivono sangue israeliano e ucraino, natali libanesi, radici ebraiche, cuore palestinese, storia e passaporto italiani, influenze turche e lituane. E fede interista.
Ora, mettetevi nei panni di un bifolco padano e leghista che nella sua vita non ha mai viaggiato più in là della Brianza e per cui l’Europa comincia e finisce a Orio al Serio. E, a un certo punto, il bifolco si trova di fronte uno come Gad Lerner. Il minimo che possa accadere è che gli urli “non sei italiano, sei ebreo”, convinto probabilmente che sia una nazione esotica covo di migranti e terroristi, anche se di preciso non la sa collocare sulla cartina.
Perché, in fondo, prima ancora dello squadrismo e del razzismo, il problema vero oggi in Italia è il baratro culturale in cui sguazzano orgogliosamente milioni di persone votanti che non viaggiano, non conoscono, non si informano, sono istintivamente spaventate da vite, lingue e culture diverse, da quello che non possono vedere e da chiunque non riescono a etichettare.
Non hanno paura di Gad ma di quello che rappresenta, della meravigliosa miscela multiculturale che incarna. Se vogliamo fermare Salvini e la sua propaganda dell’orrore, non combattiamo le urla delle bestie ma il silenzio assordante che le ha generate. E il sovranismo magicamente morirà di inedia e di stenti. Insieme a chi lo ha cavalcato.
Lorenzo Tosa