David Lagercrantz, svedese, classe 1962, non è quello che si dice un «giallista puro». Giornalista, si è dilettato nell’editoria con diversi romanzi (mai tradotti) e biografie varie. Quella del famoso matematico Alan Turing improvviamente morto («La caduta di un uomo», 2009, ed. Marsilio) e quella del calciatore Zlatan Ibrahimovic («Io, Ibra», Rizzoli, 2011). Da quattro anni a questa parte si è buttato su di un’impresa che più difficile non si può: completare la mitica opera di Stieg Larsson, quel «Millenium» che ha sbalordito il mondo intero. È (triste) cronaca: il mastodontico progetto si è interrotto dopo il terzo volume, ne contava dieci (!), a causa della morte per infarto del suo autore. Tre libri che hanno conteso i vertici di vendita mondiali a Harry Potter, tanto per dire. Tre gialli uno più bello dell’altro, che ancora oggi trovano nuovi affezionati lettori. Oltre a plurime versioni cinematografiche, europee e statunitensi. In poche parole alzi la mano chi non ha mai sentito nominare «Uomini che uccidono le donne», o «La regina dei castelli di sabbia». Millenium resta Millenium, sempre.
Dicevamo: David Lagercrantz si è prestato a continuare la storia delle storie di inizio millennio. Un po’ affidandosi ad appunti ritrovati nei cassetti di Larsson, un po’ inventando, sempre in base ad appunti dello stesso Stieg Larsson. E così dopo «Quello che non uccide» (2015) e «L’uomo che seguiva la sua ombra» (2017) ecco questo «La ragazza che doveva morire».
Missione compiuta? Un po’ sì e un po’ no. Nel senso che Stieg resta inimitabile ed il suo registro narrativo, fatto di ritmo e folgoranti cambi di scena, di scavo psicologico e descrizioni raffinate, dialoghi al fulmicotone e narrazioni futuristiche…, bhe, quello rimane unico. Però un romanzo non è fatto di sola scrittura: ci sono anche i personaggi. E qui Stieg Larsson ne ha inventati diversi diventati subito memorabili. Il giornalista protagonista e, soprattutto, Lisbeth Salander, un’eroina che ha lasciato parecchi segni e toccato tantissimi. Tanto da assurgere a modello per altri personaggi, in special modo per quanto riguarda il mondo cinematografico (a chi scrive è parsa di rivederla ne «La casa di carta», nei panni di Tokyo).
E adesso? Adesso con David Lagercrantz Lisabeth c’è ancora e si prende buona parte della scena. Facendo la contentezza dei lettori. Perché vederla in azione è sempre un gran piacere. Come quando vengono raccontate le fiabe, magari anche anonime: non importa chi le legge, non conta il contesto, è sempre un piacere sentirle raccontare. Questo accade per la nostra eroina, alle prese con la missione più difficile (come da titolo). Della sua esistenza emergono altri retroscena e nel mentre Mikael Blomqvist sta indagando su di una spedizione sull’ Himalaya, ecco il colpo di scena.
Non riveliamo qui come va a finire, basti dire che «La ragazza che doveva morire» è un libro di piacevolissima lettura. Ogni tanto smuove ricordi dei primi libri (lei con il suo carattere tormentato, con il suo genio informatico e la sua insofferenza asociale, il suo essere in moto solitaria nella notte… ) ogni tanto stupisce e meraviglia. Forse non bellissimo, qualche pungente riferimento politico manca… , ma bello sì, questo libro. Anche perché il coefficiente di difficoltà iniziale era altissimo, e dunque.
«La ragazza che doveva morire. Millenium vol. 6», 2019, di David Lagercrantz,tr. Laura Cangemi, ed. Marsilio, 2019, pag. 409, Euro 19,90