Hevrin Khalaf è sconosciuta alla maggior parte di noi, attivista curda per le donne, è stata trucidata dalle milizie di mercenari filoturche, un’accozzaglia di gentaglia che getta ulteriore vergogna, se possibile, sull’esercito turco.
Le cinque di mercoledì mattina, in casa mia tutto tace. Mi alzo, mi lavo, mi vesto, mi preparo un caffè e mi godo il silenzio. Navigo distrattamente su internet quando un titolo attira la mia attenzione. Hevrin Khalaf, attivista curda barbaramente uccisa in Siria. Cerco subito altre notizie, dettagli, la sua foto. Guardo i suoi occhi, il suo viso. La osservo attentamente. Sorride, Hevrin, sembra serena, quasi felice. E mi ritrovo a pensare se lo è mai stata davvero, serena e felice. Hevrin Khalaf ha scelto di difendere le sue idee e i diritti delle donne, sapendo perfettamente quale sarebbe stata la sua fine. Sapeva che l’avrebbero ammazzata. Era solo questione di tempo.
Eppure ha continuato.
Il caffè è così nero
Non so. Sarà quest’alba che stenta ad arrivare, il buio che ancora mi circonda, il caffè così nero, ma mi ritrovo a pensare se questa donna è mai riuscita a dormire. Vorrei chiederglielo, vorrei chiedertelo, Hevrin. Quante notti hai dormito profondamente? E quante invece le hai passate piangendo per la paura? Quante notti il panico ti ha svegliata di colpo? E ti sei mai chiesta se tutto questo ne valesse davvero la pena?
Sai, Hevrin, troppe notti uccelli neri hanno invaso la mia mente, impedendomi di dormire. Ma erano uccelli insignificanti in confronto ai tuoi. Tu, che hai perso la vita trucidata per un ideale, tu avrai dovuto combattere tutte le notti contro stormi immensi. Ti avranno mai concesso un po’ di tregua? Sei mai riuscita, Hevrin, a chiudere gli occhi serena e riaprirli molte ore dopo, finalmente riposata? Vorrei davvero chiedertelo, Hevrin, ma non c’è più tempo.
Nuvole bianche e soffici per te
Getto un ultimo sguardo alla foto, chiudo il cellulare, finisco il mio caffè, mi alzo, lavo i denti, metto un filo di rossetto, indosso il soprabito, prendo le chiavi, chiudo la porta e lascio casa. In testa un’unica certezza. Sì, almeno una notte hai dormito beata e volato libera, alta nel cielo, tra nuvole bianche e soffici a farti compagnia. Devo crederci. Per te. E per me.