Il tempo passa, i governi cambiano, ma pare che il naturale fenomeno delle mestruazioni per le donne italiane sia considerato ancora un lusso, tanto che gli assorbenti sono, e saranno, soggetti alla medesima aliquota IVA di un Cartier e addirittura superiore a quella del tartufo. È infatti saltata nell’elaborazione del Decreto Fiscale la riduzione dell’IVA dal 22% al 10%, la cosiddetta “tampon tax”, con prima firmataria Laura Boldrini.
Sei donna? Ca**i tuoi
Avere il ciclo, in sostanza, alle donne del Belpaese costa caro, e non solo in termini di dolori e malesseri vari: gli assorbenti continuano a non essere considerati un bene primario, una forma, diciamolo chiaramente, di neanche tanto velata discriminazione, figlia di una visione del ciclo mestruale ancora impregnata di pregiudizi e tabù. Quella stessa visione che produce battute ormai stantìe come “hai le tue cose?” per sbeffeggiare tutte quelle donne che, come ogni essere umano, ogni tanto hanno dei normali momenti di nervosismo. Come se l’unico atteggiamento possibile per una donna sia sorridere e annuire, e ogni deviazione dalla modalità Barbie sia da considerare quasi patologica. Per non parlare dei modi fantasiosi di chiamarle, “quelle cose”, i sinonimi, i silenzi, i sottintesi: le tue cose, essere indisposta, cose da donna, il Barone Rosso, il Marchese, i parenti dall’Africa, come li chiamava un’amica. Una sorta di censura verbale, a volte autoimposta dalle donne stesse, per celare l’imbarazzo di fronte a quello che è semplicemente un fenomeno fisiologico, come andare in bagno o sudare quando fa caldo. E così finisce che la carta igienica e i fazzoletti siano tassati in forma ridotta come beni primari, così come il tartufo, la birra e il cioccolato, gli assorbenti no.
Tutti ginecologi, sul web
E non è finita qui, perché non solo alle donne italiane costa spendere tanto per qualcosa che è realmente essenziale, una media di circa 126 euro l’anno, circa, che su un ciclo di fertilità, mettiamo, di 30 anni, fanno circa 3600 euro. Ci si mettono anche gli uomini, notoriamente competenti in fatto di mestruazioni, a dire alle donne cosa dovrebbero fare invece di avere l’assurda pretesa di non pagare sugli assorbenti le stesse tasse, in percentuale, che su un rolex o una BMW. Per non parlare delle solite donne-che-odiano-le-donne. Le risposte sui social al riguardo sono un campionario di voglie di patriarcato represse e consigli non richiesti, alcuni esempi:
Ugo non fare il maschilista che queste mozzicano. Specie da quando son passate dalla cucina a gas a quella a web. pic.twitter.com/7xjIWdoSOU
— Pepito Sbazzeguti (@efarefar58) November 14, 2019
C’è chi fa peggio, e chi invece…
C’è, ovviamente, in Europa chi fa peggio, come l’Ungheria che tassa gli assorbenti al 27%, e chi invece, come l’Irlanda, ma anche, nel resto del mondo, Canada, India, Malesia, Uganda, Tanzania, Nicaragua, Trinidad e Tobago, li ha detassati e chi addirittura, come lo Stato di New York, li distribuisce gratuitamente nelle scuole
In Svizzera il problema è altrettanto sentito e, pare, in via di risoluzione, con una mozione del consigliere nazionale PS Jacques-André Maire accolta dal Nazionale e sostenuta dal Consiglio federale, che prevede la riduzione dell’aliquota dal 7,7% al 2,5%.
Una questione, tuttavia, che nonostante le evidenze continua a essere rinviata, declassata, marginalizzata, con le donne attaccate e criticate per il solo fatto di avanzare la richiesta, sacrosanta, di un trattamento paritario: un altro mattone sul muro delle discriminazioni che stenta a cadere.