Un marinaio si getta in acqua da una motovedetta della guardia costiera per salvare una bambina di nove mesi nelle fredde acque del Mediterraneo. Nuota coi piedi mentre la tiene in braccio e la porge a un collega sulla barca.
Che quest’uomo venga glorificato da chi soffre per questi naufragi è normale. Si sprecano parole come eroe. Ma non è un eroe, ed è quasi offensivo definirlo tale, come se quello che ha fatto fosse una cosa così speciale. Lui stesso ci dice: “non chiamatemi eroe”.
Ora probabilmente pensa: non sono un eroe, ho semplicemente fatto quello che avrebbe fatto chiunque.
Lo avrebbe fatto chiunque
Le stesse parole di Giorgio Perlasca, il funzionario italiano che salvò migliaia di ebrei dai campi di concentramento nazisti in Ungheria, fingendosi un console spagnolo fascista.
Ho semplicemente fatto quello che avrebbe fatto chiunque.
In queste parole c’è la bellezza di queste persone, nell’illusione che i loro simili siano come loro, in quell’ovvietà c’è la grande differenza, nell’animo nitido di chi crede nei propri simili.
Ma non è così lo sappiamo, e se molti di noi, nemmeno noi eroi, avremmo fatto altrettanto, altri sarebbero rimasti sul ponte a guardare, persi nel rollio del mare e nella sterilità insensibile dei loro pensieri inceneriti. Persi senza le loro anime che volano come sacchetti di plastica sfilacciati tra i cirri in tempesta.
Quell’uomo, che ha rapito alle acque quel fagottino in tutina viola per restituirlo a una madre angosciata, mentre intorno a lui le urla di donne e bambini stridevano come schiamazzi di gabbiani ha fatto una cosa bella. Semplice. Ovvia.
Chi salva una vita salva il mondo intero
Per rimanere in ambito diremmo, citando il Talmud, che chi salva una vita, salva il mondo intero.
Nelle perle di saggezza che a volte troviamo nei libri sacri di molte religioni, ci sono quelle verità semplici, spogliate di ogni fronzolo, mondate come neonati venuti al mondo.
Chi salva una vita compie un atto che lo porta ad essere qualcosa di più. Salvare una vita fa crescere l’umanità, le fa fare piccoli passi in avanti, che troppo spesso sono contrastati dai milioni di passi indietro di guerre, morte, devastazione, ignoranza. Non è l’atto di un singolo, ma l’azione di uno di noi, che ci rappresenta, noi che avremmo fatto la stessa cosa.
Noi che tendiamo le mani per aiutare quella bambina viola a salire, fradicia, semicongelata ma viva su quella barca. Noi che invidiamo quel marinaio perché ha fatto un passo avanti nell’evoluzione ed è salito più in alto e ogni giorno in cui sarà infelice o depresso potrà ricordare quella bambina.
Eppure quel marinaio ha fatto quello che avrebbe fatto chiunque.
Semplicemente.