Erano nigeriani, erano una famiglia, erano in tre, lui di 38 anni, lei di 24 e una bimbetta di due mesi e mezzo con un nome da Natale: Angel.
Peter Chukudi Egesimba e Sali Djassi, avevano affittato una casa a Labico, nei dintorni di Roma. Labico è un paese grazioso, arroccato sul colle, con un centro storico di quelli che ti innamori, e d’estate ci sono i gerani ai balconi. Con l’arrivo della piccola le spese sarebbero aumentate e trovare un alloggio più a buon mercato era necessario. Erano andati via dalla Nigeria, un Paese enorme di 200 milioni di abitanti, dove la povertà è tanta e cercare fortuna fuori dai confini una consuetudine.
Il calduccio del carbone
La piccola Angel nasce in autunno, saranno stati comunque felici, nella loro precarietà Peter e Sali. Ma la vita è precaria come il lavoro, e i soldi pochi. Non è facile per nessuno sbarcare il lunario e allora si decide di spegnere i termosifoni per risparmare soldi, tanto noi siamo giovani, si saranno detti, patiamo un po’ ma spendiamo meno e copriamo bene la bambina.
E allora per stare un po’ più caldi di notte, accendiamo un secchio con dentro della carbonella. Che in un ambiente chiuso emette monossido di carbonio, il veleno preferito dai suicidi, che di solito usano i gas di scarico delle auto.
Non lo sapevano Peter e Sali che si stavano suicidando, proprio no. Il carbone sibilando ha emesso il suo veleno invisibile e silenzioso e ha decretato il dramma.
Dieci giorni ci hanno messo a trovarli. A Labico Peter e Sali non avevano amici, non li conosceva nessuno. Meteore africane delle nostre città, persone invisibili e disamate, che non hanno nessuno a cui affidarsi. Li hanno trovati abbracciati tutti e tre nel letto, Peter, Sali e la piccola Angel. Un presepio scomposto avvolto dalle coperte, risparmiati per fortuna dalle mosche, che in inverno non ci sono. La morale?
Nessuna morale
Nessuna, nessuna morte ha una morale, c’è e basta. Ma sotto Natale, quando tutto rifulge di ricchezza e luci colorate, dove alberi illuminati a led squarciano il cielo freddo, dove tutti corrono frettolosi bestemmiando perché non trovano parcheggio, beh…queste morti fanno più male.
E ricorderò, come faccio ogni anno, perché mi è rimasto nel cuore, il pizzaiolo Ignazio, anche lui morto per via del freddo in questo nostro Ticino. Morto bruciato da un fornellino che aveva acceso nel sottoscala per scaldarsi (leggi qui sotto)
Levavo un brindisi ideale a Ignazio, un brindisi di Natale. Lo faccio anche per Angel e i suoi, un brindisi ai morti di cui scrivo, che non hanno nessuno che li ricordi. Io lo faccio, noi lo facciamo. Salute.