Sono ad aspettare mia figlia sulla porta dell’Accademia Britannica. Con me ci sono tanti altri genitori. Eccoli, i ragazzi sbucano da dentro, dal ventre caldo delle aule, odorano di matite, aria viziata, devono entrare in macchina subito, per evitare che si raffreddino troppo. L’aria è gelata, ti scava le ossa. Chiedo a mia figlia cosa hanno fatto, se è contenta, ma percepisco una totale assenza di entusiasmo, lei ha freddo, vuole solo andare a casa.
Mentre guido verso la salvezza, mi vengono in mente due storie. Sento il freddo penetrante e ho un nodo alla gola, improvvisamente. Penso a cosa possa essere una morte per assideramento, penso a come il freddo, possa impossessarsi delle singole parti del corpo cedendo a poco a poco la fissità del ghiaccio ad un essere umano. Penso al corpo gracile di mia figlia alla sua innocenza, a quanto sia stato violento, terribile, che il freddo abbia potuto essere cosi intenso da far sprofondare il corpicino del bimbo immigrato, piccolo ed indifeso come lei, nel sonno della morte. Pezzo a pezzo, senza scampo, magari lentamente e dando il tempo di accorgersi che tutto sta finendo.
Se c’è una cosa che si vuole evitare ad un figlio è la paura, oltre che la sofferenza. Invece quel bimbo era solo sul fondo dell’aereo, in preda al terrore e al dolore Poi mi è viene in mente un’altra storia, quella del bimbo morto in mare, che aveva la pagella cucita nella tasca. Al posto del nodo in gola subentra un moto di rabbia e un sentimento di autocompiangimento a fronte del sentirsi ridicoli e patetici. Questi nostri figli, costretti dall’ordine delle cose, ad un’istruzione da polli di batteria, hanno perso il gusto della conoscenza, la consapevolezza dell’importanza dell’istruzione, del valore della cultura. Mentre il piccolo annegato in mare, aveva ripiegato ogni speranza sulla sua istruzione: la pagella era un trofeo da portare ovunque, anche sul fondo dell’abisso.
Ho un senso di colpa ora. Non sappiamo proteggere i nostri figli da questo mondo imbecille. Non servirà l’inglese a nessuno di noi, per evitare tutto questo, né a far costruire ai nostri bambini un mondo migliore. L’inglese non ci servirà fino a quando andremo a prendere i nostri figli fin sulle soglie delle scuole, e ne faremo dei pulcini da allevamento che indossano i loro titoli come fossero vestiti di marca. Mentre altri bimbi perdono la vita in mare e in aria come se il loro essere al mondo non valga nulla. Noi non li sappiamo proteggere da tutto questo.
Paola Di Toro