Capire quali siano i loschi piani che il presidente turco cova nella propria mente malata, pensando al suo recente coinvolgimento nella guerra che da troppi mesi si sta combattendo in terra libica, è utile. Lo è soprattutto a chiarire chi sia l’uomo che ha trasformato una Turchia laica e aperta all’Occidente nello spettro di se stessa. Per farlo riprendiamo parte di ciò che scrivono quelli di “Rojava resiste” su Telegram, il prezioso canale d’informazione sul Vicino e Medio Oriente e di solidarietà con la rivoluzione confederale in Siria del Nord.
Pensando alle recenti mosse dell’attuale governo turco è chiaro che, nel suo agire, vi sia una strategia mirata. Perseguita con unico scopo: rimanere a galla a livello internazionale. Restando aggrappati con i denti e con le unghie al potere. Erdogan ci sta riuscendo con ogni mezzo lecito e illecito, così come ci pare ancor più evidente leggendo ciò che scrive “Rojava resiste”, che ha particolarmente a cuore la questione curda, il dramma di un popolo vessato in primo luogo proprio dalla Turchia dell’attuale presidente:
“Il 2 gennaio il parlamento di Ankara ha votato a favore della missione militare turca in Libia, a sostegno del governo tripolitano di Al Sarraj, secondo l’accordo bilaterale del 27 novembre scorso. Ieri è iniziato il dispiegamento delle truppe di Erdogan a Tripoli.
Dopo la guerra in Siria del Nord, l’apertura del secondo fronte libico permetterà a Erdogan e al governo AKP-MHP un doppio vantaggio sul fronte interno e sul piano geopolitico: in primis, la mobilitazione nazionalista e l’ulteriore torsione autoritaria, consolidando un consenso eroso dalla pesante crisi economica che vive il paese.
Pilastro fondamentale il tema profughi: l’accordo con Tripoli consegna di fatto ad Ankara il controllo della seconda principale rotta di migranti verso l’Europa – dopo la Siria -, ottenendo il monopolio sulla gestione dei flussi. Oltre a rappresentare un’altra colonia di deportazione per i 4 milioni di profughi presenti in Turchia.
Il fronte libico è una valvola di sfogo anche per le migliaia di jihadisti alleati di Erdogan, che proprio in Turchia hanno conti correnti, appoggi logistici, armi, sostegno e che risultano sempre più irrequieti verso gli accordi del Sultano con Mosca e Damasco. A combattere per Al Sarraj, cioè per il governo sostenuto da Nazioni Unite (e Italia), andranno i tagliagole delle bande jihadiste di Hay’at Tahrir al-Sham.”
Insomma, uno scenario da far accapponare la pelle. Soprattutto pensando di aver affidato alle mani insanguinate di Erdogan il futuro di milioni di profughi siriani e la gestione dei flussi di migranti non più solo dalla Siria, ma ora anche di quelli in arrivo dalla Libia. È follia pura, che non porterà a nulla di buono. Oltre che il segno di un’Europa in agonia, sempre di più messa all’angolo rispetto alle questioni strategiche e ai conflitti che infiammano il mondo intorno a noi.