La Yakutia, con il suo milione di abitanti e ventimila renne, è una regione paragonabile a un mare bianco che si estende nella Siberia nord-orientale. Con temperature che possono arrivare fino a -60°C. Eppure la terra degli Yakuti è una terra ricca di preziose materie prime. Oro, petrolio, carbone e soprattutto diamanti, di cui è la prima produttrice al mondo con un quarto delle estrazioni globali.
Un luogo ancora oggi estremamente ricco, forse perché, proprio come sostengono gli Yakuti: “quando Dio ha sorvolato la Yakutia un giorno d’inverno, le sue mani si sono congelate e ha lasciato cadere tutti i suoi tesori”. E l’inverno lì dura dodici mesi anche se purtroppo, in maniera inesorabile e inarrestabile, il surriscaldamento globale si fa sentire sempre di più. La situazione peggiora di giorno in giorno.
Così, da coloro che hanno fatto di tutto per vivere in armonia con la natura, non certo cercando di sottometterla, i cambiamenti climatici sono innanzitutto percepiti come un segnale d’allarme inequivocabile. “Siamo padroni del nostro territorio ma – ammonisce un eremita della taiga – non possiamo controllare la natura, che riconquista sempre i suoi diritti”. Prima che la lastra di ghiaccio si faccia sempre più sottile, rischiando di spezzarsi sotto il peso della nostra ignoranza, prendiamo anche noi esempio da loro. Facciamolo, prima che pure gli Yakuti si siano liquefatti per sempre.
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