Insomma, non siamo mai contenti. Vogliamo il turismo, e poi quando arriva ci lamentiamo. Eppure c’è un ragionamento che fila, e che fa capire quanto il turismo di massa sul nostro territorio non sia una soluzione plausibile e lungo termine.
La prima avvisaglia ce l’avevano data le “Maldive di milano”. Un video su Youtube dove quattro ragazzotti meneghini avevano decantato (con grande sapienza iconografica, ammettiamolo) le acque verdi e cristalline della Verzasca. Il video aveva totalizzato la follia di 3 milioni di visualizzazioni su Facebook e 350’000 su Youtube. (guarda qui sotto)
Apriti o cielo, migliaia di milanesi e varesini si erano gettati nella valle come barracuda sulla carcassa di un tonno. L’esasperazione dei residenti, per il traffico e i parcheggi selvaggi, era scaturita nell’immediato, malumori e la rabbia avevano fatto capolino, costringendo le autorità comunali a porre dei vincoli.
E sì che il turismo tanto decantato occupa a malapena il 10% del PIL ticinese, insomma, un ritorno finanziario non paragonabile a zone dove il turismo la fa da padrone. (leggi qui sotto)
Ora scopriamo, nel periodo post Covid, dove albergatori e affittuari si fregano le mani per il pienone, che un turismo di massa in Ticino rischia di distruggere il territorio. Un territorio delicato e spesso fatto di equilibri precari, soprattutto nelle zone alpine e di valle, dove un aumento anche solo di poche centinaia di automobilisti e turisti in più crea degrado e frustrazione.
È la Fondazione Svizzera per la Tutela del Paesaggio a gridare l’allarme, puntando il dito su un’industria del turismo miope e legata a vecchi paradigmi, dove il turista va attirato ad ogni costo per creare posti di lavoro e guadagni. Una politica miope che ha già creato devastazioni territoriali e paesaggistiche che poi spesso si ritorcono addosso a chi le ha promosse.
Basti vedere la cementificazione selvaggia di zone come il Locarnese (leggi qui sotto)
soprattutto in zona lago o in situazioni privilegiate collinari come il controverso progetto previsto sul monte Bré Sopra Locarno (leggi qui sotto)
Ma costruzioni a parte, sono le nostre valli, fragili gioielli da preservare, che rischiano maggiormente il turismo di massa, un turismo spesso maleducato e poco attento. Fanno eccezione alcune valli, come l’Onsernone, che negli anni hanno costruito un rapporto con turisti rispettosi, attenti alle realtà locali e desiderosi di pace e di quiete più che delle Maldive di fronte a casa. Leggiamo su Ticinonews una dichiarazione di Raimund Rodewald, direttore della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio:
“(…)Molto spesso manca la consapevolezza di preservare il bello. Turismo consapevole significa autentica esperienza individuale e non turismo di massa. L’era dell’arrivo in vetta da tutte le parti con funivie ad alte prestazioni dovrebbe essere finita. Dovremmo invece conservare i nostri paesaggi in modo che suscitino la nostra curiosità. L’esperienza più intensa in un luogo sconosciuto parte con il semplice, libero escursionismo. Il turismo alpino è troppo orientato verso le infrastrutture”.– e ancora- “(…)Attraverso l’esperienza intensiva di paesaggi attraenti, quasi naturali o addirittura ricchi di edifici storici avviene qualcosa in noi esseri umani, anche nel sistema di valori. Grazie al coronavirus dovremmo imparare a valorizzare i paesaggi a portata di mano. Quando si sperimenta la qualità e ci si rende conto che è in pericolo si è portati a difenderla”.