“C’è una ne*ra di merda che pensa di avere diritti. Ne*ra e donna. E, invece, donna e diritti non dovrebbero stare nella stessa frase. Un orangotango che mi ha denunciato per falsa testimonianza. Che però, forse è vero, un po’ di falso l’ho dichiarato perché ero fuso e ubriaco, ci sta. Però, per principio, non mi devi rompere il caz*o anche perché “you are black“, Dioc***, nera di mer*a! In poche parole io adesso dovrei pagare la macchina a una, solo perché sa fare il cous cous: ma baciami il ca*zo, putt*na! Tro*a! Ho preso la macchina di mia madre, ho preso l’autovelox, non ho pagato una lira e devo pagare la macchina a te, se sempre si può chiamare macchina quella mer*a di triciclo che c’hai. Tro*a, lavami i pavimenti”.
(ascolta il file audio)
Vergognoso? Abominevole? Certo, mancano anche le parole per definire un linguaggio del genere. A esprimersi in questo modo un pischello, un giovane calciatore che sarà bravo con la palla ma ha l’empatia e la sensibilità di un armadillo.
L’imbecille riesce a inanellare in un video di pochi secondi una serie di obbrobriosi luoghi comuni sulle donne e sugli africani. Dimostrando una totale incapacità culturale e logica di percepire il mondo che lo circonda. Chissà se la sua cara mammina, che gli presta l’automobile, è d’accordo con le sue dichiarazioni.
La donna da lui insultata e che con lui aveva avuto un contenzioso per il danneggiamento dell’auto, ha denunciato ovviamente il ragazzo.
Nei confronti di Marco Rossi, in forza alla piemontese Monregale Calcio non era inizialmente stato espresso nessun provvedimento disciplinare. Anche se la Monregale ha contattato un avvocato per difendere la propria immagine e prende, a sentire il segretario. “fortemente le distanze” da “…parole pesanti, razziste e sessiste. Da condannare.”. Il giocatore è stato poi sospeso ieri, oggi, infine, svincolato dalla squadra.
Di certo c’è che qui non si tratta di uno scivolone temporaneo o di due parole scappate in un momento di rabbia. In questo eloquio abbiamo tutto quello che vogliamo, l’arroganza, il menefreghismo, il razzismo e la misoginia. Una valanga di oscenità dettate dal livore di essere stato, giustamente, preso in castagna.
Dal web e dai social, nel frattempo, è sparito tutto: il sito della Monregale calcio, il video del ragazzo e anche lui è scomparso dai social. La classica fuga inutile, con l’idea che nascondendosi tutto passi, una visione ancora più infantile. Ma i social non dimenticano e rimuovere le prove serve a poco, se altri hanno scaricato il file, le foto o fatto dei print screen.
Marco Rossi, un ragazzo dal nome anonimo come la sua psiche, può a questo punto solo scusarsi, prima di tutto con la sua società, per aver creato un enorme imbarazzo, e poi a tutte le donne, che anche se non di colore sono finite sotto la mitraglia di questo piccolo padre padrone, convinto che il posto di una “femmina” sia spazzare il pavimento dove passa il maschio. Il vergognoso razzismo di cui ha dato prova questo insulso ragazzotto fa male, soprattutto perché viene da un giovane, uno che alla multiculturalità dovrebbe essere abituato, uno che negli spogliatoi e nei campi, se continuerà a giocare, di neri ne incontrerà a bizzeffe.
Ma fa male soprattutto per il confronto inevitabile, con i ragazzini di colore che giocano nella giovanile del Monregale, ragazzi che sorridono felici nella foto di gruppo senza sapere che il veleno del razzismo scorre nelle vene del loro compagno di squadra più grande.

A questo punto, l’agire della squadra poteva essere solo chiaro e deciso. Ogni tentennamento o pavido tentativo di ricucire le cose avrebbe danneggiato non solo il club, ma anche il clima tra i giocatori. È inoltre fondamentale che il calcio, a tutti i livelli, si dimostri maturo. Il campo di calcio non è una giungla dove si scontrano gorilla machi, ma la sede di un gioco aperta anche a omosessuali e donne. E Quelli come Marco Rossi se ne facciano una ragione, possibilmente a casa loro, dove dovrebbero esser rimandati.