A dicembre, la RSI, annunciava una rivoluzione nel solco della digitalizzazione e dei cambiamenti nei media, che andava a coinvolgere soprattutto la Rete Due. Oggi, nella nuova linea editoriale presentata, sembra che le cose un po’ rientrino.
Avevamo parlato della questione, appunto a dicembre, in seguito anche alla levata di scudi di intellettuali e cittadini, che erano saltati sulla sedia all’idea (come da proposta in seguito alle direttive da Berna), di ridurre il parlato di Rete Due al 10% del totale (leggi qui sotto).
A molti era sembrato, de facto, un requiem di Mozart per l’emittente culturale della nostra radio. Inoltre, la notizia veniva a poca distanza dalla decisione RAI di accorpare Rai Storia e RAI 5, dimezzando così l’offerta culturale (leggi qua sotto).
Senza voler a tutti i costi prendersela con la RSI, che in fondo segue le direttive della casa madre SRG-SSR, che ha imposto per i prossimi anni tagli per decine di milioni di franchi, capiamo anche perfettamente le ansie di chi ha l’impressione che si sacrifichi per l’ennesima volta la cultura sull’altare del profitto.
Cosa non proprio vera, perché giorni di spiegazioni successive all’annuncio, avevano permesso di comprendere che il passaggio sarebbe stato piuttosto di creare più osmosi tra reti e di ospitare anche maggiori contenuti culturali sulle reti sorelle o in piattaforme streaming. Insomma, la sfida che ha di fronte la RSI è epocale e la nostra radiotelevisione è un po’ in affanno rispetto alle consorelle confederate per quanto riguarda l’entrata nel mondo digitale.
Comunque, da dicembre via, oltre alle numerose prese di posizione negative verso il rimpasto, era stata avviata una raccolta di firme, che aveva rastrellato numerosi nomi dell’”intellighenzia” ticinese e non solo. E probabilmente, questa levata di scudi ha contribuito di far rientrare parzialmente degli intenti che ai più erano sembrati un po’ drastici. Anche se, vederla come una vittoria è forse esagerato, come scrive il bravo Ivo Silvestro su La Regione:
“Non è una battaglia contro qualcuno, non sono un nemico né il progetto Lyra né chi lo propone o elabora. E neppure, ovviamente, le altre reti con la loro identità e il loro pubblico. Le critiche non sono mancate, ma sempre con l’obiettivo di migliorare quel progetto, per non perdere quello che di buono e importante c’è nell’attuale offerta culturale e radiofonica, per capire come sia meglio affrontare i cambiamenti che si impongono, tra necessità di risparmio e il mutevole contesto mediatico. Non si vuole affondare la nave rivale, ma far sentire la propria voce per un cambio di rotta che si ritiene indispensabile per affrontare le turbolente acque in cui ci troviamo a navigare. Sono finalmente arrivati i primi segnali di una correzione di rotta, di una Rete Due quasi esclusivamente musicale non si parla più, almeno apertamente.”
Alla fine non si parla perlomeno di perdite di posti di lavoro e l’importanza dell’ambito culturale sembra ribadita. Se la strada non è in discesa, perlomeno ora è su un bel piano, in cui si spera di poter camminare affiancati, dirigenza RSI, dipendenti e pubblico.
Perché non dimentichiamolo mai, noi stessi siamo il nostro servizio pubblico.